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Evangelizzare la cultura – Vidi e Credetti

Vidi e credetti

scritto da Matthieu Boo D’Arc, L.C.

Qualche anno fa, c’erano due amici che avevano perso di recente un amico molto caro; ed erano stati al funerale. Il giorno dopo tornano al cimitero per un momento di raccolta sulla tomba, ed arrivando lì, sorpresa, invece del sepolcro che avevano lasciato il giorno prima, vedono il buco, il feretro fuori, il coperchio aperto, non c’era più nessuno. I due amici si guardano sconvolti e dicono: cosa hanno fatto col corpo? Forse l’avranno lo faranno cremare, l’avranno portato ad imbalsamare… cosa è successo? E cominciano a cercare, a fare chiamate… Questa storiella, molti l’avranno riconosciuta, perché è successa molti anni fa in Palestina. Con una piccola differenza: questi due amici, quando sono arrivati al sepolcro ed entrati nella tomba, l’evangelista che ci racconta il fatto non fa nessun commento di cosa fosse successo al corpo del loro amico, ma pronuncia soltanto due verbi: “vide e credette” (Gv 20,8). Io vi chiedo, se a voi fosse capitato lo stesso, come avreste reagito? Avreste visto, o avreste creduto? Cosa hanno visto Pietro e Giovanni duemila anni fa, di differente, per crederci? È sufficiente vedere per credere? Prima domanda. La settimana scorsa sono andato a visitare la cappella Sistina, con una famiglia del Messico, facendo da guida, come spesso viene chiesto a noi fratelli. Nella cappella Sistina, come accade solitamente, la guardia che ripete “silence, please, no photo”, gli affreschi affascinanti, i turisti di tutto il mondo, tra i quali spiccano sempre gli asiatici con le loro camere fotografiche… sapete che all’incirca ogni giorno visitano questa cappella 25000 persone! Uscendo da lì, mi sono chiesto: quel turista giapponese o cinese, così interessato, quando sarà uscito da quella cappella, avrà visto, certamente, ma avrà creduto? Quale sarà la prima cosa che farà la sera tornando in hotel: entrare su Google per cercare “Chiesa Cattolica”, “Giudizio Universale”, o “Gesù Cristo”, o piuttosto per cercare il nome della pasta così buona che ha mangiato a pranzo nel ristorante accanto? Questo turista di una cultura totalmente differente, ha visto, ma ha creduto? Questo è evangelizzare la cultura, fare vedere degli affreschi su temi cristiani? Seconda domanda. Adesso immaginate che invece di Roma, ci troviamo nella città del Messico tre anni fa; con lo stesso nostro turista asiatico, ugualmente interessato dalla cattedrale e dalle piramidi messicane. Nel momento in cui passa per la piazza centrale della Città del Messico, chiamata “el Zocalo”, trova in mezzo alla piazza una strana struttura medievale, niente a che vedere con lo stile del Seicento del centro città. Sembra un castello medievale, con le sue alte mura a merlo. Davanti si trova una capanna bianca, con una fila di gente che aspetta per entrare. Quasi tutti messicani.  Trova scritto: “Capilla Sixtina”. Chiede i biglietti, entra, e gli danno 15 minuti, per vedere la stessa cosa che io ho visto qui a Roma la settimana scorsa: una perfetta replica della Cappella Sistina. Il vantaggio lì, è che per milioni di messicani non c’è bisogno di andare a Roma per fare l’esperienza, per “vedere”. La prima settimana dell’esposizione di quella mostra, nel 2016, 128000 persone hanno visto quella replica fedele della Cappella Sistina. Queste 128000 persone hanno visto, ma avranno creduto? O sono uscite pensando ai buoni tacos che li aspettavano… Adesso immaginate che invece di un edificio medievale imponente, quando arrivate sulla piazza del “Zocalo” della Città del Messico, vi imbattete in un altro edificio, altrettanto strano, ma questa volta più basso, a forma di croce, con un’apertura in una delle braccia. Quando entrate, invece di trovare una stanza con affreschi bellissimi, vi trovate in una tomba. Scendete qualche scalino, e siete dentro un sepolcro, scavato nella pietra, allo stile antico. C’è pure un lenzuolo funebre sulla destra. L’ambiente è un po’ oscuro. La prima cosa che sentite non è la guida, o il “silence, no photo”, ma è una voce grave, che vi racconta la storia di due amici che sono andati a visitare la tomba del loro amico morto. E hanno trovato il sepolcro vuoto. Continuate, e passate alla sala successiva, e lì ci sono degli ulivi, camminate su un po’ di terra, sentite aria fresca, e in fondo, in un angolo della sala, vedete un personaggio, chinato, prostrato, sembra piangere, e sempre questa voce narrante che vi accompagna, vi racconta che quest’uomo sta soffrendo, che non ha voglia di passare, che gli aspetta qualcosa di terribile ma non si sa cosa sia; e così continuate la vostra esperienza. Proseguendo nella sala successiva non siete più nel giardino, vi trovate in una specie di cortile antico, circondato di colonne, e sempre quell’uomo, vincolato ad una colonna, nudo, con sangue sparso sul pavimento, sul suo corpo. È così reale che quasi lo potreste toccare se vi avvicinaste. E dopo il calvario, la croce eretta in mezzo. E vi raccontano pian piano che quest’uomo, che voi non sapete chi sia, ha lasciato non soltanto una storia, ma pure un’immagine, un’immagine strana dove si possono vedere tutti i dettagli della sua passione. Nell’ultima sala, quest’immagine, la vedete. Vi trovate davanti a un uomo morto, un uomo su un lenzuolo, una faccia, sangue, un’immagine che affascina. E la scienza arriva a dirvi che questa immagine non è possibile, non l’ha fatto un uomo, perché oggi i migliori scienziati non sanno farla, non la possono riprodurre. Non sanno spiegarla, ma c’è. Si trova a Torino, nel nord dell’Italia. E tutta quella storia che avete vissuto, l’hanno tirato fuori da quell’immagine, un lenzuolo, il lenzuolo di quell’uomo, un uomo chiamato Gesù. Allora la domanda è sempre la stessa: dopo aver visto questo, crederete? Questo cammino, dalla tomba, dal giardino degli ulivi, è un cammino che si fa, dei passetti che si fanno dal “vedere”, e che si fermano forse a un passo dal credere. Questo passo nessuno lo può fare per te. Il vedere non ci porterà mai necessariamente alla fede. Perché altrimenti non sarebbe fede. Ma a noi spetta – questo è evangelizzare la cultura – portare l’uomo a un piccolo passo, non un chilometro, della fede. Farlo camminare tramite la cultura, la bellezza, la scienza, accompagnarlo fino all’ultimo passo. E poi invitarlo a fare questo passaggio, dal vedere al credere.

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