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La formazione integrale e i tre linguaggi di Papa Francesco

Editoriale  a cura del Vicerettore Accademico P. David Koonce, LC
Il 16 gennaio 2018, tutti i docenti stabili ed incaricati dell’Ateneo sono stati invitati a partecipare in una sessione di lavoro per discutere e proporre miglioramenti alla bozza dell’ideario dell’Ateneo. Era un momento importante di discernimento collegiale per articolare i «principi e i valori che sono alla base del contributo specifico dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (APRA) alla missione evangelizzatrice della Chiesa nella società contemporanea» (Ideario, 1). Ricordo molto bene la mia sorpresa al costatare che uno dei concetti più discussi in quell’assemblea è stato, appunto, la formazione integrale. Perché ha suscitato perplessità e discussione questo valore? Alcuni dicevano che è fuori posto parlare di formazione integrale nell’università. Si tratta di un concetto molto sviluppato nell’ambito della formazione sacerdotale e religiosa, ma il luogo giusto per la formazione integrale non è l’Ateneo, ma il seminario o casa religiosa. L’università, si diceva, è il luogo della formazione intellettuale; la formazione integrale, invece, si fa a casa. Eppure, la voce «formazione integrale» rimane nel nostro ideario! Perché? La risposta a questa domanda è complessa. Per cominciare, la nozione di formazione integrale permea tutta l’attività pastorale della Legione di Cristo e della Federazione Regnum Christi, soprattutto nella pastorale educativa, dove l’ideale dell’integer homo sta alla base della nostra visione dell’educazione a tutti i livelli, dalla scuola primaria alle università. L’Ateneo, come parte di questa rete, si sente identificata con questo valore. Anzi, considera che è un aspetto caratterizzante del nostro contributo all’evangelizzazione. Allora, cosa intendiamo per formazione integrale nel contesto universitario? Mi permetto illuminare la domanda con un’espressione che il Papa Francesco ha utilizzato in parecchie occasioni, soprattutto con i giovani. L’educazione si serve di tre linguaggi: il linguaggio della testa o mente, il linguaggio del cuore, e il linguaggio delle mani. Il primo linguaggio dell’educazione è quella della testa, che si occupa dell’intelletto, del pensiero, delle idee. Il secondo linguaggio è del cuore, per sentire. Il terzo linguaggio è delle mani, per fare. La vera educazione deve dunque armonizzare il pensare, il sentire e il fare, affinché ci sia corrispondenza tra loro. Il confronto con la vita porta lo studente a pensare quello che sente e quello che fa; a sentire quello che pensa e quello che fa, e a fare quello che pensa e quello che sente (cf. l’incontro del Santo Padre Francesco con gli studenti del Collegio Barbarigo di Padova, 23 marzo 2019). In un altro contesto, parlando con i vescovi della Polonia, Papa Francesco disse: «L’analfabetismo religioso di oggi dobbiamo affrontarlo con i tre linguaggi, con le tre lingue: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Tutte e tre armonicamente» (Papa Franceso, Incontro con i vescovi polacchi, 27 luglio 2016) . In queste poche parole, troviamo tutto il senso della formazione integrale, che, nei suoi lineamenti essenziali, si riassume così: confrontare la realtà con la mente, con il cuore, e con le mani, per armonizzare il pensare, il sentire, e il fare. Sempre secondo Papa Francesco, lo studente che impara ad affrontare la realtà con queste tre linguaggi spesso torna a casa con più interroganti che risposte, ma questa capacità di interrogarsi è tanto importante per l’educazione (cf. l’incontro del Santo Padre Francesco con gli studenti del Collegio Barbarigo di Padova, 23 marzo 2019). Nell’ambito educativo, questi tre dimensioni si traducono in termini tecnici come la combinazione di conoscenze, abilità, ed atteggiamenti che strutturano l’educazione per competenza. La formazione universitaria si rivolge alla mente, senza dubbio, perché si occupa della trasmissione di conoscenze, ma non solo. I nostri studenti si formano per diventare apostoli, leader cristiani al servizio della Chiesa per testimoniare il mistero di Cristo, il che vuol dire che devono non soltanto sapere le discipline connesse con la Rivelazione, ma anche saper fare, affinché il messaggio del Vangelo penetri il tessuto sociale in tutti i livelli, con un cuore aperto, formato nell’atteggiamento di ascolto e cura delle domande teoriche ed esistenziali dell’uomo. Come dice il nostro ideario (n. 16) «La vita intellettuale si inquadra nello scenario più ampio della vita dell’uomo che si interroga su sé stesso, si relaziona con gli altri e cerca Dio. Quindi, nell’ambito della specificità accademica, l’APRA intende aiutare gli alunni a crescere in tutte le loro facoltà, cercando lo sviluppo armonico della persona nelle sue diverse dimensioni e contribuendo così al raggiungimento di una adeguata unità di vita». Lo sviluppo armonico delle facoltà—della mente per pensare, del cuore per sentire, e delle mani per operare—individualmente e nel loro insieme, rappresenta la sfida della formazione integrale. Una formazione universitaria che privilegia una o due di queste dimensioni, senza coinvolgere la terza, rimane sbilanciata ed incompleta. Dedichiamo quest’edizione della newsletter per esplorare i diversi modi in cui la nostra comunità accademica si sforza a parlare i tre linguaggi della mente, del cuore, e delle mani.

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