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“Stop and Go: Ferma la Violenza e riparti. Per una Chiesa accogliente”

Roma 29 Novembre 2018 – L’Istituto degli studi superiori sulla Donna ha promosso un corso di formazione per le operatrici delle ACLI sui diversi aspetti della violenza sulle donne e la violenza assistita; il percorso è stato un progetto di successo che ha dato vita ad un processo di approfondimento e riflessione, divenuto centrale per l’istituto. Sono temi importanti soprattutto per chi opera all’interno di un Ateneo Pontificio. Il convegno vuole illustrare il problema dalle sue diverse angolature e attivare i soggetti partecipanti definendo e rafforzando il ruolo che ognuno può avere nell’importante sfida di fermare la violenza e offrire occasioni di ripartenza.

“ Per affrontare un problema così grave e allarmante occorre confrontarsi e fare rete - spiega la Direttrice Marta Rodriguez – lo abbiamo sperimentato nel nostro progetto di formazione; le donne non vanno lasciate sole: nella solitudine si nasconde il dolore, il senso di colpa, l’annichilimento e la sopportazione; come ISSD oggi abbiamo messo insieme molte persone che si occupano di contrasto alla violenza, ognuno da un punto di vista differente, e crediamo che questo approccio permetta di essere maggiormente efficaci nell’aiuto e nell’ accoglienza. La Chiesa abbraccia queste donne e i loro bambini e offre loro una mano per rialzarsi, tornare a sorridere e a sperare  ”.

“La violenza contro le donne affonda le sue radici nella cultura,- spiega Suor Claudia Biondi Responsabile servizio disagio Donne della Caritas Ambrosiana; -  anche le donne che in questi anni abbiamo conosciuto e accompagnato nei loro faticosi percorsi, hanno messo in luce come una cultura patriarcale e maschilista sia presente nelle loro storie a tutte le latitudini. Infatti più della metà delle donne accompagnate sono straniere e per tutte è evidente il ruolo che gioca lo squilibrio di potere che esiste tra i generi, tra le donne e gli uomini …in Europa come in Asia, come in Africa, come in America…

Per la Caritas Ambrosiana  è stato proprio l’ascolto del vissuto delle donne che l’ha portata a dichiarare la famiglia come luogo anche di crisi e non solo come realizzazione di un progetto d’amore. E lo stesso Papa Francesco ammette nell’Amoris Laetitia la distanza della realtà “da un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito” (AL36) riconoscendo appunto, lo scarto tra un ideale astratto e la realtà concreta che le persone vivono. Ascolto delle donne e risposte tangibili e effettive, formazione delle coscienze e percorsi educativi, questo può proporre la Chiesa per incidere sulla cultura che genera violenza”.

“Tanto scrivono e tanto parlano i nostri media istituzionali di  "violenza di genere" e di "violenza degli uomini contro le donne" – apre Agnese Ranghelli, responsabile Coordinamento Nazionale Donne ACLI;- con  voci che condannano rumorosamente il fenomeno, puntando il dito sugli autori degli efferati delitti in cui nessuno sembra riconoscersi. Ciò senza impiegare una seria riflessione riguardo alla cultura in cui nascono e proliferano, così che il dibattito politico resta ancorato agli effetti e indifferente alle cause. Le radici della violenza contro le donne rappresentano una vera e problematica questione culturale e sociale. Per un lungo periodo in Italia vi è stato un approccio “negazionista”, anche – se non soprattutto – dal punto di vista politico e istituzionale. Per molto tempo, infatti, la violenza contro le donne è stata rappresentata e percepita come un “affare privato” e non come un reato contro la persona. Persistono convinzioni, modelli socio-educativi e relazionali - che si trasmettono di generazione in generazione - che continuano a vedere la donna subordinata all'uomo, come soggetto dipendente anche nel rapporto affettivo. Per questo occorre intervenire in primis sui servizi formativi, perché educhino i giovani e i bambini ai sentimenti e al rispetto; occorre combattere gli stereotipi, rafforzando progetti e campagne di sensibilizzazione ovunque: nei territori, nelle scuole e nei luoghi di lavoro.”

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