“Veritatis gaudium – Veritatem facientes in caritate”

“Veritatis gaudium – Veritatem facientes in caritate”

Editoriale a cura del Magnifico Rettore P. Jesùs Villagrasa L.C. dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

Col suo messaggio per la Quaresima, papa Francisco desidera “aiutare tutta la Chiesa a vivere con gioia e verità in questo tempo di grazia”.  Gioia e verità. La gioia della verità (Veritatis gaudium) è il titolo che il Papa ha dato alla recentissima costituzione apostolica circa le università e le facoltà ecclesiastiche. Benché nel messaggio non si alluda a questo documento vorrei leggerlo cercando di trovare luce e orientamenti per il nostro fare universitario.

Contro la gioia e la verità, dice il Papa, militano i falsi profeti. Gesù nel Vangelo annuncia che di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità. La descrizione di questi falsi profeti è molto efficace: “incantatori di serpenti” che approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro; incantano con lusinghe e illusioni;  “ciarlatani” che offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze, però che si rivelano completamente inefficaci, come una droga; “truffatori” che offrono cose senza valore e tolgono invece ciò che è più prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare. Dietro i falsi profeti c’è il demonio, «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), che presenta il male come bene e il falso come vero. “Ognuno di noi – dice papa Francesco – è chiamato a discernere nel suo cuore ed esaminare se è minacciato dalle menzogne di questi falsi profeti”. Questo esame va fatto in profondità e con serietà, perché i falsi profeti, come il diavolo, raffreddano in noi la carità che è il cuore del Vangelo. La carità si raffredda nei rapporti comunitari con l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre fratricide.

Di fronte ai falsi profeti e al raffreddamento del cuore, il Papa afferma che la Chiesa, madre e maestra, in questo tempo di Quaresima ci offre “il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno”, ma pure “la medicina … della verità”. In effetti, la verità ha un profondo legame con l’amore e, quindi, con la gioia.

Il lemma del nostro ateneo è paolino: Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15), che viene tradotto come, “facendo la verità nell’amore”; “seguendo la verità nell’amore” o più liberamente, come fanno i nostri Statuti, “servendo la verità nella carità” (art. 10). Un’università pontificia è tutta dedita alla verità ricercata, insegnata, studiata, diffusa; tuttavia, se manca l’amore tutto è vano e in realtà falso. Edith Stein, patrona d’Europa, diceva: “Non accettate nulla come verità che sia privo di amore. E non accettate nulla come amore che sia privo di verità! L’uno senza l’altra diventa una menzogna distruttiva”.

La verità è una Persona; lo afferma il primo paragrafo della Veritatis gaudium: “La verità, infatti, non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio in cui è la Vita”.  La verità, però, nel nostro parlare spesso si esprime in un linguaggio concettuale, astratto nella sua forma. Ciò permette al credente di esprimere la sua fede in Dio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica chiarisce con singolare precisione tale relazione tra l’enunciato astratto e la concretezza delle realtà credute: “Noi non crediamo in alcune formule, ma nelle realtà che esse esprimono e che la fede ci permette di ‘toccare’. ‘L`atto [di fede] del credente non si ferma all`enunciato, ma raggiunge la realtà [enunciata]’ [Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 1, a. 2, ad 2]. Tuttavia, noi accostiamo queste realtà con l`aiuto delle formulazioni della fede. Esse ci permettono di esprimere e di trasmettere la fede, di celebrarla in comunità, di assimilarla e di viverla sempre più intensamente” (n. 170).

In questa trasmissione della fede, carità e verità vanno insieme, non soltanto nell’insegnamento pastorale, bensì pure in quello più accademico che si svolge nelle università. Nella sua enciclica Veritatis Splendor, di cui quest’anno ricorre il 25º anniversario, san Giovanni Paolo II cita l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, della quale ricorre il 50º anniversario, dove Paolo VI affermava: «Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime. Ma ciò deve sempre accompagnarsi con la pazienza e la bontà di cui il Signore stesso ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare ma per salvare (cf Gv 3,17), Egli fu certo intransigente con il male, ma misericordioso verso le persone» (HV 29; VS 98). Uno spirito che integri le diverse dimensioni della complessa realtà sarà veramente cattolico. “La Chiesa, infatti, è insieme comunione di fede e di vita; la sua norma è «la fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6)” (VS 26).

Verità e carità camminano mano nella mano. «La carità ti renda servo, come la verità ti ha fatto libero… Allo stesso tempo tu sei servo e libero: servo, perché ci diventasti; libero, perché sei amato da Dio, tuo creatore; anzi, libero anche perché ti è dato di amare il tuo creatore… Sei servo del Signore e sei libero del Signore. Non cercare una liberazione che ti porti lontano dalla casa del tuo liberatore!» [sant’Agostino, Enarratio in Psalmum XCIX, 7]. Veritatem facientes in caritate non è soltanto un lemma per il nostro ateneo, è un programma, un ideale, uno spirito e uno stile di vita, di pedagogia e di apprendimento.

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