Teologia e Comunicazione: Servire la Verità nei Tempi di Conclave

Raccontare un conclave non è solo una sfida giornalistica: è un evento di grazia, di profonda risonanza spirituale ed ecclesiale. Come religioso e studente di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ho avuto la possibilità di collaborare alla copertura mediatica dell’elezione di Leone XIV, un momento che ha segnato la storia recente della Chiesa e che si è rivelato anche un’occasione privilegiata per mettere in pratica ciò che studiamo in aula: il dialogo tra fede, ragione e comunicazione.

Ho accompagnato la copertura per diversi media internazionali: Radio Reforma e ADN40 in Messico, con alcuni interventi su Rai1 in Italia, e collaborazioni con Canal 13 e Meganoticias in Cile. Ogni ambiente mediatico aveva un linguaggio diverso, un pubblico specifico e un approccio particolare al Conclave. Tuttavia, tutti condividevano un’esigenza comune: comprendere un processo che per molti resta ancora un mistero.

Per noi seminaristi questa è una delle missioni più belle: aiutare a interpretare la vita della Chiesa con chiavi di lettura spirituali, teologiche e pastorali, evitando riduzioni ideologiche o politiche. Il Conclave non è una elezione parlamentare né un plebiscito ecclesiale: non si tratta di “conservatori” o “progressisti”, ma di un’elezione guidata dallo Spirito Santo, che agisce nel cuore dei cardinali elettori e nella storia stessa della Chiesa.

L’atmosfera a Roma era una manifestazione viva della cattolicità: migliaia di pellegrini provenienti da tutti i continenti, lingue e culture camminavano per le strade in attesa di un segnale: la fumata bianca. La stampa viveva tra l’attesa e la stanchezza. Molti giornalisti non si fermavano mai, attenti a ogni minimo dettaglio che potesse indicare un progresso nelle votazioni. Intanto, Piazza San Pietro rimaneva aperta alla speranza, con visitatori desiderosi di essere testimoni di un momento irripetibile.

Quando finalmente apparve il fumo bianco, la città intera si trasformò. Io stavo trasmettendo in diretta vicino a uno degli schermi che mostrava il tetto della Cappella Sistina. Stavo per rientrare a casa quando il fumo iniziò a salire: in pochi secondi la confusione lasciò spazio alla certezza: c’era un Papa! La gente correva, cercava i punti migliori per vedere, si emozionava senza riserve. Tutti volevano essere vicini quando il Cardinale Protodiacono avrebbe annunciato l’atteso Habemus Papam.

Quando fu proclamato il nome di Leone XIV, molti giornalisti e presenti si guardarono con sorpresa. Tuttavia, fu sufficiente che il nuovo Papa parlasse perché le sue prime parole dessero il tono al suo pontificato: «La pace sia con voi», il saluto del Risorto ai discepoli. Non era solo un gesto liturgico o protocollare, ma un messaggio per il mondo intero in un tempo che ha urgente bisogno di riconciliazione, serenità e verità.

Fin dall’inizio, abbiamo intuito che questo pontificato porterà un forte invito alla vita spirituale, alla preghiera profonda, alla mistica e alla mistagogia. Leone XIV ci ricorda che la Chiesa non deve mai perdere il suo centro: Cristo stesso, mistero di amore e redenzione. Come seminaristi, questa è una chiamata diretta alla nostra formazione: essere uomini di preghiera, ma anche capaci di comunicare con chiarezza la bellezza della fede nei contesti digitali e mediatici, che spesso semplificano o distorcono il messaggio cristiano.

Partecipare a questo processo mi ha confermato quanto sia importante formare evangelizzatori capaci di leggere i segni dei tempi con uno sguardo di fede e con un linguaggio accessibile. La Teologia che apprendiamo all’università non è un sapere riservato agli specialisti, ma deve tradursi in un servizio concreto, in ponti tra la Chiesa e la società. I media rappresentano una grande agorà pubblica che non dobbiamo abbandonare, ma abitare con responsabilità, gioia e con la certezza che, come ci ricorda San Pietro, dobbiamo sempre essere «pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15).

Perché alla fine, comunicare la fede è anche un atto di carità. E come ci ha insegnato Leone XIV nel suo primo messaggio: tutto comincia con la pace che viene da Cristo Risorto, quella che siamo chiamati ad annunciare in ogni mezzo e a tutte le persone.

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