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AVVENIRE COMPIE 50 ANNI : INTERVISTA a Marta Rodriguez «Presentare Maria come modello, ma non disincarnato»

«Presentare Maria come modello, ma non disincarnato»
Intervista a cura di Andrea Galli

C’è un Ufficio dedicato specificamente alla donna presso il Dicastero per i laici e la famiglia e la vita. A guidarlo dal maggio 2017 è Marta Rodríguez, nata a Madrid 39 anni fa ma di stanza a Roma da 18 anni. È una consacrata del movimento Regnum Christi, con laurea in Educazione e Sviluppo, licenze in Bioetica e Filosofia, master in Consulenza filosofica e Antropologia esistenziale e ora dottoranda alla Gregoriana sulle radici filosofiche della gender equality negli organismi internazionali. Dal 2008 dirige anche l’Istituto di Studi Superiori sulla Donna del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.

Professoressa, il suo curriculum e il suo ruolo le danno uno sguardo privilegiato sul tema che affrontiamo. Anche secondo lei, quando parliamo della necessità di un maggior spazio per le donne nella Chiesa, c’è il rischio di un atteggiamento mondano, di ridurre tutto a un discorso di “pari opportunità”?

Il rischio c’è certamente, ma non per questo possiamo smettere di parlarne. Il discorso è tutto altro che mondano: è una opportunità per capire ed essere Chiesa in un modo più autentico. È chiamata alla conversione. La questione degli spazi per le donne all’interno della Chiesa pone la domanda sui fedeli laici che nell’ecclesiologia della

Lumen gentiume del Magistero soprattutto postconciliare non sono in nessun modo una “seconda categoria” di cristiani. In virtù del sacerdozio battesimale, ogni cristiano è Chiesa. Senza la presenza di tutte le vocazioni, che sono al servizio l’una dell’altra, la Chiesa non è completa e non può compiere la sua missione pienamente. La questione della donna deve spingere anche la Chiesa a rivedere i suoi schemi culturali, e a mettersi in cammino per purificarli dal maschilismo e dal clericalismo, denunciati fortemente da papa Francesco e purtroppo ancora molto presenti.

Lei si è mai sentita penalizzata o sminuita in quanto donna nel suo servizio alla Chiesa?

Personalmente ho avuto la fortuna di aver collaborato molto bene con i sacerdoti, dei quali mi sono sentita figlia, sorella e anche madre. Ho ricevuto molto e dato molto da amica, collaboratrice o capo, e anche come guida. Sono stata valorizzata, “necessitata” e apprezzata proprio in quanto donna. Ma la mia non è la esperienza di tutte: ho ascoltato tante donne che invece sono state sminuite o discriminate, e continuano ad esserlo in modo palese o sottile, ma sempre reale. L’espressione più comune quando chiedo alle donne cosa si aspettano dalla Chiesa è: che ci ascolti. Spesso non sentono che la loro prospettiva venga accolta, si sentono a volte utilizzate. Questo mi fa vedere che abbiamo tutta una strada da percorrere per poter vivere veramente l’alleanza uomo e donna della quale parla il Santo Padre. È di nuovo una opportunità di conversione!

Non trova che ci sia spesso un timore, in tanta pastorale, nel presentare la figura di Maria come modello per la donna cristiana di oggi?

Si! Ma questo è perché non sappiamo presentare Maria! La si presenta a volte come un modello disincarnato, spiritualizzato o idealizzato, con il quale nessuna donna potrebbe identificarsi; o come un ideale dolcificato e stereotipato, molto lontano da Maria di Nazareth. Ma Maria è donna, di carne e ossa. Forte, audace e coraggiosa, forza e sostegno degli apostoli. Conosce le gioie, le attese e i martìri nascosti dei nostri cuori di donna. Possiamo guardarla e lasciarci accompagnare da Lei in ogni nostra paura e solitudine. Personalmente ho visto come Maria tocca e sostiene le mamme, con le loro sofferenze nascoste, come solo Lei può farlo. Insegna ad ogni donna, madre o no, cosa significa la maternità spirituale, facendoci scoprire la fecondità delle nostre lacrime, come una continuazione delle doglie del parto, ma ad un altro livello. L’ho vista anche guarire femminilità ferite, cuori spezzati, e di questo credo che oggi ci sia tanto bisogno!

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