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Festa dell’Annunziazione del Signore

9 aprile del 2018 di: P. Pedro Barrajón, L.C. Carissimo P. Jesús Villagrasa, rettore magnifico del Pontificio Ateneo, cari docenti studenti, cari fratelli e sorelle, Nella festa dell’Annunziazione del Signore riecheggiano le parole di Maria all’angelo Gabriele, parole di una giovane donna di Nazareth che hanno cambiato la storia umana: “Ecco la serva del Signore!”. Questo Fiat di Maria è per ognuno di noi una solida speranza perché contiene la risposta generosa di una creatura al Suo Creatore, che gli propone di collaborare al piano più bello e meraviglioso che mai noi, poveri esseri umani, potremmo avere immaginato.  La grandezza di questo piano di salvezza sta in primo luogo nella volontà divina di non fermarsi dinanzi al peccato dell’uomo, ma si trova anche nella volontà divina di chiedere alla creatura un atto libero di accettazione di questo piano. A ragione, quando San Bernardo meditava questo brano del Vangelo, chiedeva a Maria di affrettarsi nella risposta: “Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito santo. L'angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio, che lo ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione” (Omelia 4, 8). E questa parola di compassione, la Vergine di Nazareth l’ha data e dandola si mette in moto questo ammirevole piano di misericordia per noi. Si prepara il corpo incarnato del Figlio che sarà dato come vittima sulla croce. L’eccomi della Madre è stato preceduto dall’eccomi del Figlio eterno che ha risposto al Padre: “non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo” (Sal 39, 7). Ebbene, ci potremmo chiedere perché il nostro Ateneo che vuole oggi ringraziare il Signore per il suo XXV (venticinquesimo) anno di vita, ha scelto, da una parte portare il nome di Maria come Regina degli Apostoli, e poi celebra invece la festa patronale, non nel giorno della solennità della Pentecoste, ma invece il giorno dell’Annunziazione del Signore, solennità liturgica  che con il Concilio ricupera tutta la propria dimensione cristologica senza però negare il denso significato mariano. Una risposta precisa non la potrei dare, ma posso constatare che questo doppio ricordo di Maria in un Ateneo Pontificio voleva senza dubbio indicare il principio mariano come uno dei principi portanti non solo nell’ecclesiologia ma anche nello studio e della ricerca della teologia stessa, disciplina che sta al centro di un’istituzione accademica ecclesiastica di grado superiore. Scegliere Maria come Regina degli Apostoli è senza dubbio collegato al ruolo di Maria nell’annuncio missionario. Scegliere la solennità dell’Annunziazione come festa patronale significa dare importanza alla risposta generosa al Signore come preambolo necessario e previo a un impegno intellettuale ulteriore, perché come già segnalava San Bonaventura “il passaggio dalla scienza alla sapienza, si realizza attraverso la santità”. Ecco perché il nostro Ateneo, sin dai primi passi si è prefissato come missione quella di “formare apostoli, leader cristiani al servizio della Chiesa per testimoniare il mistero di Cristo”. Maria era con gli Apostoli in preghiera il giorno in cui lo Spirito Santo scende su di essi e li invia al mondo come testimoni del Vangelo. Il nostro Ateneo nasce proprio negli anni in cui San Giovanni Paolo II, a cui siamo profondamente legati e riconoscenti, perché è stato lui a approvare l’erezione e a conferirgli il titolo di “Pontificio”, cominciava a parlare di nuova evangelizzazione. Per la prima volta usò questo termine in Polonia, a Nowa Uta, nel giugno del 1979 e poi a Port-au-Prince (Haiti) nel discorso indirizzato ai vescovi latinoamericani nel 1983, dove invitava i Pastori di queste chiese a un impegno di “una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni”.  Per portare avanti questa grande impresa era necessario formare apostoli della nuova evangelizzazione e con questo spirito sorge il nostro Ateneo. Questo significa che la nostra istituzione non potrà perdere il carattere scientifico di un Ateneo ecclesiastico, ma che non potrà neanche dimenticare la dimensione dell’annuncio del Vangelo e il continuo sforzo per capire meglio uomini del nostro tempo a cui va indirizzato il messaggio salvifico, per aprire un dialogo fruttuoso con loro. La sfida della nuova evangelizzazione che propose San Giovanni Paolo II alla Chiesa più di 30 anni fa rimane valida, anche se oggi alcune circostanze e sfide possano essere nuove. Il Papa Francesco ci invita infatti a continuare in questa linea quando parla di una “Chiesa in uscita”, che sia capace di portare il Vangelo con quella gioia che caratterizzò i primi apostoli che uscivano dal Cenacolo con la convinzione che dover dare una testimonianza profetica al mondo di un lieto annuncio, che poteva trasformare la vita degli uomini e rivoluzionare la storia. Così, dalla mano di Maria, il nostro Ateneo ha percorso questi 25 anni in una crescente consapevolezza di dover approfondire sempre di più la spiritualità cristocentrica che anima alla Congregazione dei Legionari di Cristo e il Movimento Regnum Christi e poter portare questo nucleo alla riflessione teologica e all’apporto specifico che deve dare alla cultura cattolica contemporanea. Dall’altra parte è consapevole che deve formare apostoli che portino il messaggio del Vangelo ad un mondo che cambia in continuazione; apostoli che siano capaci di capire in profondità le ferite di questo mondo per guarirle con l’annuncio di Cristo, Cammino, Verità e Vita; apostoli che possano dare ragione della speranza che è in loro (1 Pt 3, 15). Ecco grandi compiti dell’Ateneo Regina Apostolorum, che sono parte integrante della sua missione. E siamo convinti che, vicini al Magistero del Papa, segno di carità e unità in tutta la Chiesa, il nostro sapere e la nostra attività saranno edificate sulla roccia di colui al quale gli sono state promesse le chiavi del Regno. Tante persone in questi anni ci hanno aiutato a portare avanti questi grandi ideale con la loro vicinanza e appoggio materiale, spirituale e morale. Tanti docenti hanno contribuito con la loro sapienza alla formazione delle nuove generazioni di sacerdoti, seminaristi e studenti. Ricordiamo nella preghiera a chi ci ha preceduto nella casa del Padre, come il primo rettore, a chi tutti portiamo nel cuore un grande affetto, P. Alvaro Corcuera, P. Antonio Izquierdo, docente di teologia biblica e recentemente un nostro caro studente di teologia, che improvvisamente ci ha lasciato, Fr. Anthony Freeman. Per le nostre aule sono passati migliaia di studenti che adesso sono sparsi per il mondo intero svolgendo missioni di evangelizzazione, di insegnamento, di servizio ecclesiale, di promozione della cultura cristiana, di aiuto ai poveri e ai emarginati.  Guardiamo con gratitudine il passato, con serenità il presente e con fiducia il futuro. Lo facciamo perché sappiamo che in questa alta missione non siamo soli. Non lo siamo mai stato e non lo saremo mai. Contiamo con la forza che viene dall’Alto e che va al di là delle nostre ridotte umane possibilità, che si è resa più palese e forte nei momenti di sconforto, che neanche sono mancati.  Durante tutti questi anni ci è stata vicina Colei che a Nazareth sentì dall’angelo l’invito ad accettare la maternità divina e l’accetto con grande generosità. Maria, Regina degli Apostoli nel cenacolo, è anche nostra Madre e Regina. Contiamo con il suo “sì” di Maria, perché il suo “sì”, ispira il nostro. Lei ci aiuta a non perdere il necessario vincolo con l’amore, che scaturisce da un cuore puro inondato dalla grazia. Oggi, anche noi, insieme a Lei, vogliamo rinnovare il nostro “eccomi”, con la semplicità, la fede, l’amore, la generosità e la fiducia con cui lei pronunciò quella parola che cambiò la storia: “fiat”. A lei noi ci rivolgiamo con fiducia e fervore: “Regina degli Apostoli, Madre della Chiesa, prega per noi!”. Amen. 

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