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Lo sguardo di Maria per gli uomini e le donne

A cura di Marta Rodriguez

In questi mesi di confusione e tormente per  la Chiesa, il mio cuore è tornato spesso a due passaggi, da dove traggo forza, luce e speranza. Tutte e due hanno Maria al centro, donna di fortezza e di speranza. Il primo è sotto il Calvario, il Venerdì Santo: lì vedo un gruppo di donne intorno a Maria, insieme a Giovanni. È il momento dello scandalo assoluto, dello smarrimento e del tradimento dei discepoli. Stabat Mater. Tento di entrare nel Cuore e negli occhi di quella Madre, che è attraversata dalla spada insieme al Figlio. E vedo il dolore più grande, ma non disperazione: Maria spera. Non sa come, no sa in quale modo, ma sa che il Padre è sempre presente , e che il male non ha l’ultima parola. Chiedo spesso a Maria per me, per le donne e per gli uomini di oggi, di condividere con noi questo suo sguardo, che scopra la luce in mezzo alle tenebre. Pochi giorni fa parlavo con un sacerdote, che mi diceva che sentiva che Dio si stancherà prima o poi della Chiesa. Ho chiesto Maria di regalargli il suo sguardo, perché possa vedere ciò che non si vede con gli occhi naturali: un Dio che fa nuove tutte le cose proprio attraverso lo scandalo della croce. L’altro brano a cui torno spesso è la Pentecoste. Di nuovo, vediamo i discepoli intorno a Maria. È il collante e la forza che li tiene uniti, come spesso fanno le mamme nelle famiglie. Ma è di più. Lei, che è la Casa dello Spirito e il suo riflesso più immediato, è per me al centro della scena. Credo fosse al centro dello sguardo del Padre, che vede in Lei la creatura compiuta, pienamente redenta, immagine della Chiesa. Da Lei è venuto il Verbo, che si è fatto carne nel suo grembo, e con Lei viene lo Spirito, che la ha abitata da sempre. Ho molto a cuore una preghiera semplice: “Vieni Santo Spirito, vieni per Maria”. Penso alla nostra Chiesa oggi e credo che possiamo capire le paure e lo smarrimento degli apostoli. E lo Spirito vuole irrompere proprio qui, per trasformare noi, poveri uomini e donne, in testimoni ardenti del Kerygma, che portino il Vangelo agli uomini e alle donne di oggi con un linguaggio nuovo. Quando ci siamo chiesti quale immagine utilizzare per il nostro Diploma in Donne e Chiesa, non abbiamo dubitato: Maria e gli apostoli, il giorno di Pentecoste. Scegliendo questa immagine abbiamo voluto esprimere in qualche modo l’ispirazione, l’approccio e lo stile dei contenuti con cui abbiamo disegnato il nostro percorso. La scena di Pentecoste presenta una Chiesa in attesa dello Spirito, in cui uomini e donne, vocazioni e ministeri diversi si lasciano toccare, trasformare e inviare da Lui per servire il mondo. Non conoscevano tutti i dettagli del cammino che stavano iniziando, ma avevano un riferimento chiaro: Cristo Gesù, Parola definitiva del Padre. È una Chiesa coraggiosa, che si mette in cammino, è Chiesa in uscita. Noi vorremmo che il nostro diploma diventi un altro cenacolo: un laboratorio di ascolto e di idee, dove uomini e donne, sacerdoti, religiosi e laici, si mettano all’ascolto reciproco dello Spirito, per capire le prospettive e immaginare strade per promuovere il contributo delle donne all’interno della Chiesa. Questo non è qualcosa di cui solo le donne hanno bisogno, ma una necessità di tutta la Chiesa: è una questione non più procrastinabile. Papa Francesco ha fatto della donna un tema centrale nel suo pontificato, ma la questione viene da lontano. Già Giovanni XXII parlava della donna come un “segno dei tempi”. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto e affermato la necessità di riconoscere la sua dignità, e ha rivolto un messaggio finale alle donne che è ancora carico di profezia, perché è ancora da realizzare. Paolo VI ha avuto la questione della donna molto a cuore, e creò una Commissione per lo studio della situazione della donna nella Chiesa e nel mondo, le cui conclusioni sono ancora oggi valide e attuali. Giovanni Paolo II ha penetrato nel significato dell’essere uomini e donne, e ha lasciato una eredità che è stata più ripetuta che capita e approfondita, e a volte è stata anche tradita. Negli ultimi 40 anni non sono mancate grandi intuizioni per quanto riguarda la missione delle donne all’interno della Chiesa. E allora? Dobbiamo riconoscere i grandi passi avanti in tanti ambiti: oggi le donne sono inserite nell’insegnamento della teologia e della filosofia nelle università pontificie, collaborano con la formazione dei sacerdoti e seminaristi, hanno ruoli di responsabilità in diversi posti a livello curiale diocesano o pontificio… ma la strada è ancora lunga. Non mancano gli abusi di ogni genere, gli spazi chiusi, la mancanza di collaborazione e di ascolto. È necessaria una conversione perché la Chiesa universale sia uno spazio in cui si viva una vera alleanza tra uomini e donne, che diventi una “reggia della società”, come chiedeva il Santo Padre parlando ai membri della Accademia Pontificia per la Vita. Come si può raggiungere questo obiettivo? I principi sono chiari e belli, ma la realtà dei fatti è un’altra. Quando Papa Francesco parla della questione della donna nella Chiesa, insiste sul fatto che non è una questione di “occupare spazi, ma di avviare processi”. Come Istituto di Studi Superiori sulla Donna ci siamo chiesti come attivare questi processi, e abbiamo pensato che la formazione è un passo necessario. Se vogliamo prendere sul serio il tema della donna nella Chiesa, dobbiamo dedicare del tempo alla formazione delle persone che hanno un ruolo di leadership o educativo. Dobbiamo capire insieme a loro i principi, i riferimenti teologici, ecclesiologici e canonici, e da questi punti saldi leggere la realtà per capire quali strade intraprendere. Il diploma vuole essere un cenacolo perché sarà uno spazio in cui docenti e studenti abbiano un ruolo attivo di ascolto e riflessione. Vogliamo essere all’ascolto come gli apostoli insieme a Maria. Vogliamo guardare la Chiesa con i suoi occhi: occhi di Madre, che si rendono conto che manca il vino, e si fanno carico della necessità dei poveri. Occhi pieni di fede e di speranza, che riconoscono a Dio agire nel qui e adesso. Occhi liberi di pregiudizi, paure e schemi. Occhi coraggiosi, che si mettono in cammino. Occhi della donna forte che, anche ai piedi della croce, sostiene all’apostolo e diventa sua Madre.  

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