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Contributi dei nostri studenti sul Natale 2019

Infinita, invisibile grandezza 

a cura di Monica Paesz Notte bella Fuori città Il cibo sceso dal cielo Ora, da noi ci sta. Il pane della vita E' nato un bimbo e si sdraiò nella mangiatoia Il Signore della Salvezza Umile Anzi nella difficoltà ci portò la vera  la gioia. Semplice immagine Di quel momento unico Dio per rispondere Sulle sofferenze, domande, da noi e' venuto. Tenerezza di Dio Profonda bellezza In un luogo di quasi tristezza tanta povertà, Il sole senza tramonto Divina Misericordia, La luce, Nuova vita 'ci da'.

Presepe

a cura di Giulia Bertotto Grotta buia di spazio siderale, Cosmo in seno minerale, luogo non-locale in cui si annida la Coscienza fatta corpo di Via Lattea; Spirito fatto Bimbo Universale, carne di creazione, mangiatoia di redenzione. Amore eterno nato pesce, asino, atomo e agnello!

Il presepe

a cura di Giovanni Doti Vorrei che nascesse davvero Gesù Per questo costruisco un presepe. Di sugherò e di legno farò la capanna, Per sfondo metterò una campagna Con palme e minareti. Dal monte scenderanno i tre Re Magi Con i pastori, i greggi e le chimere. Dalla capanna con le sue manine Inonderà d’amore il Piccoletto I cuori di bambini e sognatori. Vorrei che nascesse davvero Gesù E venisse qui dentro di me Ed in ogni capanna di legno. Chi ha fatto con legno e pennello Ha fatto con vera speranza e nasce davvero Gesù.

Il mio Santo Natale

a cura di Giuseppe Cannone

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            Preghiera e ringraziamento di un peccatore. Perdonare chi ti umilia Avere parole d’amore Non nutrire rancore E ascoltare chiunque lo chieda; Disturba la mia mente Irrita i miei sensi Sminuisce il mio amor proprio Contrasta col mio cuore Esaspera il mio carattere Sento la rabbia montare dal cuore. Oh! Come vorrei Distrarre da me questi fastidi Allontanarli con tutta la forza, La caparbietà, la tenacia. Circondarmi di persone Intelligenti e piene di vita. Eludere ogni traccia umana Lesiva del mio spirito, Obnubilante della mia serenità. Nessuno dovrà essere causa di Umiliazione per me. Tenterei ogni azione, Rifuggirei in ogni artificio, Inseguirei ogni sforzo, Lascerei per strada Amici e conoscenti; Mani tese a chiedere Invitanti ad elemosinare carità, A chiedere ogni sorta di aiuto, Unte e sporche; Mai soddisfatte e sempre Ignobilmente portate avanti, Lascive di sudore e sporcizia, Tante odiose e volgari Aizzate contro di me. Gesù Rendi loro pazienza Amor proprio, rassegnazione. Zampilli in loro In ogni momento e luogo Espressioni che non disturbino l’uomo. N.B. Si tratta di un Acrostico.

Lode al piccolo Dio di infinito amore

a cura di Don Luigi Marini Quando a Betlemme tu nascesti o piccolo Dio gli angeli cantavano dandoti gloria nel più alto dei cieli. Tu che su questa misera terra lo portasti quel regno dei cieli che ci donasti il più piccolo dei suoi abitanti ti facesti. Tu infinito amore di Dio in una mangiatoia finisti l’unico posto rimasto in quell’umana consorteria che il potere di turno aveva movimentato perché tutti e tutto doveva essere registrato. Censimento, ovvero di un effimero regno che passa come una storia già vista e passata rendersi sudditi fin dalla nascita. In te o piccolo Gesù la divina regalità in modo inimmaginabile si manifestò. La nostra povera carne prendesti e in cielo la conducesti. Tutta un’altra storia con te è nata che più non passa una nuova e non come quella passata. Non più sudditi di un regno che opprime ma cittadini di un cielo che aspetta che tu venga ancora su questa terra di te assetata. Come un oggi infinito di amore che resta e non se ne va tu a noi venisti e qui con noi rimanesti finché anche noi con te per sempre potremo restare. E dolce in questo abisso di amore è naufragare che la morte lo sguardo non esclude.

Mi sconcerti

a cura del Dr. Nicola Partipilo Tu Figlio di Dio Non più braccia aperte Su calda paglia di greppia Ti fai raccogliere Spento su riva di mare Nero Non solo di fango Emaciato in viso Tra povere canne Occhi grandi Da fame che divora Disobbedisci a Tuo Padre Seppure nuovamente nascosti i chiodi Sotto fieno  di stalla Ritorna di terra e sangue Ora Cristo Bambino Portato  per mano da Tua Madre Cammina nuovamente sulle acque A cancellare la pesca vergognosa Di mani esauste Sii Tu nuova  tempesta Che attraversa l’anima

Una mangiatoia

a cura di Alessandro Frateschi Sei il Re dei Re Il Figlio dell’Altissimo, sei profeta e sacerdote, sei l’Emmanuele che tutti attendono, sei la Parola del Padre, sei Maestro, sei Signore, sei il Messia, sei Dio, eppure quando hai scelto di Incarnarti hai messo da parte il tuo essere, hai scelto un buon uomo onesto e giusto, hai scelto una fanciulla di un piccolo paese sconosciuto, una Vergine che ti ha partorito in una stalla, e ti ha messo a dormire in una mangiatoia. E da lì ancora oggi ci parli, ci comunichi che per regnare il trono è la mangiatoia, il palazzo è la stalla, e lo scettro … sarà una croce.

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a cura di Fabrizio Mandorlini Quando ho letto Admirabile signum la lettera apostolica di Papa Francesco sul significatoe il valore del presepe, dove è contenuto un particolare incitamento a realizzarlo nei luoghi pubblici e nelle piazze quasi non ci credevo. Sei anni fa i principali presepi della Toscana, lungo la valle dell'Arno decisero di incontrarsi e di mettersi in rete tra loro. Di presepi non parlava quasi nessuno, la tradizione sembrava essersi ricondotta a pochi eroici temerari che quasi avevano il timore di manifestarsi e il presepe era tipico solo di realtà di lungo corso. Altri tempi. Nessuno avrebbe immaginato che un Papa avrebbe incoraggiato a fare il presepe attraverso una lettera apostolica. Terre di Presepi ebbe il merito di far uscire allo scoperto e trasformare singole realtà in gruppo di presepisti che cresceva ogni anno di più, contagiando a sua volta altre persone e paesi, divenendo incubatore nella realizzazione di altri presepi. La mission originaria di Terre di Presepi, di andare nei paesi, nelle vie e nelle piazze, a portare tra gli uomini, attraverso l'arte presepiale il messaggio di Dio che si fa uomo in una mangiatoia, trova dunque pieno compimento nella nelle parole di Papa Francesco e il riconoscimento di un lavoro svolto negli anni che è artistico, sociale e al tempo stesso pastorale. Artistico, perché di questo si tratta. Dal piccolo presepe fatto in casa al grande presepe all'aperto, nella piazza o lungo la via, la creatività e l'ingegno creano una bellezza sempre nuova che è incanto, stupore e ammirazione. Sociale, perché il presepe fa incontrare le persone e le comunità diventando in molti casi identitario. Pastorale, perchè il presepe, porta e trasmettere ogni anno sempre nuovo il messaggio dei pastori dopo l'annuncio dell'angelo: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Fare il presepe è mettersi in cammino. Ecco che da alcuni anni gli itinerari di Terre di Presepi sono diventati per chi lo desidera, un cammino alla scoperta dei volti della Natività nel mondo di oggi, un cammino fisico e spirituale, perchè usando le parole di Papa Francesco "rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia..." e  "..mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo". Per questo da tre anni una semplice Credenziale del Pellegrino Presepista, permette di trasformare un viaggio in un cammino. Per chi ha provato con tutte le difficoltà, antisignano rispetto ai tempi, a percorrere la strada del presepe nei luoghi di incontro e della società, fuori dalle chiese e dagli ambiti parrocchiali, la lettera apostolica di Papa Francesco non può che essere un nuovo punto di partenza. Terre di Presepi è il coordinamento presepiale più lungo d'Italia e mette in rete, paesi, associazioni, presepisti e parrocchie dell'Italia centrale muovendo più di un milione di visitatori. Da due anni propone il Corteo delle Natività, nelle vie e nelle piazze nel quale sfilano insieme i figuranti dei più bei presepi viventi.

Un presepe prima del presepe

a cura di Roberto Fiorentini Nella Lettera apostolica ‘Admirabile signum’, papa Francesco ha sottolineato l’importanza del ‘presepe’ sottolineando come a Greggio nel 1223  l’opera di San Francesco abbia dato un’immaginazione ai luoghi della vita di Gesù e in particolare alla sua nascita. “L’immaginazione , secondo il vescovo di Rieti Domenico Pompili, “è una grande questione che accompagna oggi l’evangelizzazione perché se non riusciamo a toccare i cuori delle persone e non soltanto la mente, la fede non tocca il suo punto nevralgico”. E’ ormai assodato che quella prima rappresentazione francescana, abbia rappresentato un modello non solo nella pratica religiosa, ma anche per l’arte figurativa a partire dallo splendido ‘presepe’ di Giotto da Bondone nel ciclo dipinto nella cappella padovana degli Scrovegni (1306) . Giotto il primo che dipinse , per altro, proprio il santo d’Assisi  a Greggio nell’atto di dare vita al primo presepe: era l’ultimo decennio del XIII secolo. Da qui in poi tutti gli artisti ripeterono sotto svariate forme quell’immagine della Vergine partoriente con San Giuseppe, suo sposo, il bue l’asino, gli angeli e i pastori descritti dai Vangeli sinottici dell’infanzia. Ma prima di  quel  Natale del 1223 di Greggio e dei capolavori giotteschi, ci fu un presepio rappresentato ? Come si immaginavo i Cristiani la nascita di Gesù ? Per avere un esempio di quello che fu il presepe prima del presepe, si deve salire nei boschi dell’antica Insubria, alle porte di Varese nel sito longobardo di Castelseprio, ed entrare nella chiesetta di Santa Maria foris portas. Nell’abside è conservato un antichissimo ciclo cristologico dove sono descritti gli episodi dell'Infanzia di Cristo desunti dai vangeli apocrifi, quali il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo-Matteo. L'anonimo maestro che lo eseguì, probabilmente di origine orientale, dovette osservare e riproporre i canoni di quella fase della cultura artistica bizantina che viene oggi ricordata come Rinascenza Macedone. La critica fissa, in maniera ormai consolidata,  la datazione di chiesa e affreschi tra i secoli VIII e X ; trecento anni prima della notte di  Natale di Greggio e delle successive opere pittoriche di Giotto.  In questo ‘presepe prima del presepe’ il ruolo centrale è occupato da Maria. Giace al centro della scena pittorica. Distesa su una stuola con le gambe sollevate. Il viso, quasi coperto da un velo che fa tutt’uno con la veste, sembra ancora sofferente dopo le doglie del parto. Uno splendente nimbo regna sul suo capo. Accanto a questa sorta di grande ‘culla’ che contiene il corpo di Maria, l’anonimo frescante pone una figura che, per le fattezze, potrebbe essere una donna che porge un braccio verso la partoriente. Il bambino, che male si intravede per la caduta dell’intonaco, è tenuto dall’ostetrica citata da proto Vangelo di Giacomo che lo osserva con un’espressione tra il meravigliato e il preoccupato. Alla sua destra probabilmente il personaggio  Salome: altra donna incredula del mistero della natività citata sempre dallo stesso vangelo apocrifo. Alla destra dell’ostetrica si impone la figura di uomo: Giuseppe; con un ruolo fondamentale nel racconto del Vangelo greco. Tutto intorno le greggi di pecore capretti che pascolano tra una vegetazione cresciuta sulla roccia e si dissetano in un ruscello, come racconta il testo. In  un cielo quasi rosaceo spunta un angelo; il messaggero di Dio tende il braccio verso gli armenti . Sullo sfondo la città di Betlemme con le sue alte mura e le torri possenti.  Quella stessa Madonna sdraiata sulla stuola la ritroveremo anche nella Natività di Giotto da Bondone a Padova; anche lì una donna terrà in braccio il Redentore posandolo in una mangiatoia. Ecco il ‘presepe prima del presepe’ che attraverso i secoli e giunge a noi ancora nella sua forza comunicativa e di immaginazione.

Il Natale del Signore, un mistero es-posto alla libertà dell’umano

a cura di don Vincenzo Leonardo Manuli Nella notte santa, l’onnipotenza divina, si nasconde, si rivela, nel mistero di un Bambino, il cui corpo, profetico, simbolico, è esposto. È la fragilità della carne, la sua vulnerabilità, a esporre il Figlio di Dio, non in una vetrina trasparente idilliaca da favole per i piccoli, quanto, l’inedito Dio, che vuole condividere la nascita, la morte, il dolore, in un corpo tentato, sofferente, sfigurato, ma anche trasfigurato, glorioso, un corpo comunicativo, nel quale trionfa l’amore di Dio, in Gesù: «Dio si rivela in modo sconvolgente come un Dio che ha perduto ciò che fino a quel momento definiva il divino agli occhi degli uomini: la sua onnipotenza, la sua autorità sovrana» (J. MOINGT, L’umanesimo evangelico, Magnano 2015, 108). L’iniziativa è di Dio, straordinaria, sovversiva, innovativa, un Dio che assume sembianza umana in un Bambino, icona dell’amore fatto carne, sintesi della vittoria dell’amore: «Hoc enim corpus meum», (Questo è il mio corpo), dirà profeticamente Gesù nel Cenacolo, anticipando la sua passione, morte e resurrezione. È la “buona notizia” sconvolgente, la sua inconcepibile, alla mente umana, quella di un Dio che non smette di sorprendere, arriva ad umiliarsi fino alla croce, per riportare la vittoria dell’amore, una vittoria definitiva sulle forze del male e sulla morte: «Nessuno spirito religioso del passato avrebbe accettato la spoliazione di Dio che è avvenuta sulla croce di Gesù: l’accesso a tutte queste verità lo dobbiamo alla fede cristiana, e a essa sola» (Id.,109). La storia umana, conosce che Dio è amore, e Gesù lo ha reso possibile, il suo corpo è simbolico, comunicativo, il suo soffrire e amare per noi, ha reso partecipi i cristiani per fede alla relazione filiale con il Padre. Chi non lo ha riconosciuto sono stati coloro che hanno chiuso gli occhi perché accecati dall’orgoglio: “Erode, gli esperti, i dotti, gli specialisti dell’esegesi, gli intellettuali, e tutti quelli che sono fin troppo di casa a Gerusalemme, nei palazzi del potere, rinchiusi nella propria autosufficienza e mania di presunzione” (cfr. J. RATZINGER, Luce che brilla su di noi, p. 32 ss.). Se non abbiamo la semplicità di cuore, l’umiltà di abbassarci, al Dio che si fa piccolo, non potremo comprendere l’abbassamento di Dio verso l’umanità, e finchè, fra di noi, ci innalzeremo, costruendo recinzioni, muri, esistenziali e geografici, non sperimenteremo la gioia luminosa, di vedere nel volto scolpito di Cristo, l’immagine di ognuno di noi. Sostiamo, di fronte al presepe per guardare l’umiltà di Dio: «È come un vangelo vivo» (FRANCESCO, Lettera apostolica, Admirabile signum, sul significato e il valore del presepe, 1 dicembre 2019). Dio mi ama, ci ama, è una responsabilità, anche se siamo “indegni” di questo amore, tale da avvertire la grandezza e l’intensità della sua grazia, che non è la mera percezione che Dio è buono e misericordioso. È la gioia del pastore che va alla ricerca della pecora perduta, è la gioia di essere stati redenti e che la vita dell’uomo ha consistenza se riconosce questo amore, entra in questa relazione, che il peccato ha inficiato ma non distrutto, ci ha allontanati, pensando che l’essere autonomi, poteva renderci più felici. Dio ci guarda, «Nell’incontro con il Bambino di Betlemme, si instaura una comunicazione degli idiomi, un interno scambio reciproco nel nuovo grande. Io in cui mi introduce la trasformazione della fede» (J. RATZINGER, Guardare Cristo, p. 81). Idealmente, andiamo fino a Betlemme, vivendo nelle nostre abitazioni, nei luoghi della quotidianità, di lavoro, il Natale del Signore, aprendo gli occhi sulla realtà di questo grande dono: «Perché il presepe suscita tanto stupore e ci commuove? Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza, il dono della vita, già misterioso ogni volta per noi, ci affascina ancora di più vedendo Colui che è nato da Maria è la fonte e il sostengo di ogni vita. in Gesù, il Padre ci ha dato un fratello che viene a cercarci quando siamo disorientati e perdiamo la direzione: un amico fedele che ci sta sempre vicino; ci ha dato il suo Figlio che ci perdona e ci solleva dal peccato» (FRANCESCO, Admirabile signum). Il rischio di distrarci, è dietro l’angolo, di prendere le distanze dall’essenziale, consapevoli che l’atmosfera natalizia, nello sfavillio di luci e dell’aria festiva, la grotta di Betlemme, può essere qualcosa di scontato, un deja vu, se il Natale non risveglia dentro di noi  il meglio della nostra umanità, fino a riconoscervi il sigillo del nostro essere da sempre figli di Dio. Rimettiamoci in cammino, per andare a vedere il bambino, facciamo il punto, sul nostro personale percorso di recupero della somiglianza con Dio e se siamo disponibili di gesti di tenerezza e di servizio verso gli altri, di abitare l’umano, in quella prossimità liberante, che ci fa vedere, toccare e sentire l’umanità che Dio ha condiviso e si è fatto compagno di cammino. Buon Natale!

Il Natale

a cura di Caterina Alesina La lettera del Santo Padre Francesco sul significato e valore del presepe mi ha riportato indietro nel tempo, a quando ero bambina: la scena di mia madre che allestiva nel salone di casa un presepe trionfale e noi bambini collaboravamo come potevamo. Cominciava con le montagne, che lei faceva con particolare cura, utilizzando la carta di giornale e la carta per montagne. Da quelle montagne faceva scorrere un ruscello di acqua vera! Un piccolo miracolo di ingegneria: per noi quell’acqua che scorreva veramente era una festa! Il ruscello giungeva a valle, sapientemente allestita con la panichella, il muschio di sottobosco, anch’esso rigorosamente raccolto dal vivo, adagiato per formare le zone verdi. E poi le casette, collocate un po’ in montagna, un po’ in pianura ... per poi arrivare a collocare tutte le statuine: dai pastori, con le pecore intorno, a tutti gli altri … il fornaio, il fabbro, le donne con la brocca a rappresentare scene di vita quotidiana dell’epoca e uomini e donne che dalle loro occupazioni si muovono per andare a contemplare lo stupore e la meraviglia di quella notte! E i pastori, che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge, che vengono raggiunti dall’annuncio dell’angelo del Signore: “ecco vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Vangelo secondo Luca – 2, 10-12) I pastori, i poveri sono i privilegiati di questo mistero, diventano i primi testimoni, i primi destinatari dell’annuncio fatto dagli angeli, a dire che c’è una povertà, non nel senso ideologico comunista del termine, ma più profonda, di spirito, che è la capacità di accogliere Dio che si rivela! Di riconoscerlo! Di farsi incontrare da Lui! Di accogliere l’Avvenimento dell’Incarnazione! E Dio si rivela come una verità incarnata, è qualcosa che accade, un fatto, un evento, un avvenimento, una nascita: la vita che si manifesta, il mistero dell’Incarnazione! Dio prende l’iniziativa, venendo in mezzo a noi, facendosi carne, facendosi Bambino. E questo evento è un’eco, un richiamo: ci parla di antiche origini e di nuovi inizi, “Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, è venuto a guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario.” “I pastori rispondono mettendosi in cammino verso di Lui per un incontro di amore e grato stupore!” Ma anche i Magi, osservando la stella cometa, si metteranno in cammino verso Betlemme per conoscere Gesù. I Magi ci insegnano che anche chi parte da molto lontano può incontrare Gesù. Ed ecco che giungiamo al cuore del presepe: Maria e Giuseppe, i primi ad aver detto il loro sì, ad essersi fidati di Dio e… …stamattina camminando in un ospedale ho visto un presepe molto bello, era pronto, c’erano tutte le statuine, ma la mangiatoia era ancora vuota. Non siamo ancora a Natale: per forza manca la statuina principale, Gesù nella mangiatoia, mi sono detta. E ho pensato che quel presepe, per quanto bello e curato, non era ancora “acceso”. Perché il presepe, come dice il Santo Padre, comincia a palpitare, prende vita, si accende, quando vi deponiamo la statuina di Gesù Bambino. Dalle statuine più lontane alle più vicine, dalle montagne ai ruscelli, tutto ciò che abbiamo posto nel presepe guarda a Lui: Gesù Bambino nella mangiatoia, il Pane Vero, l’Acqua Viva, la Luce della Vita, e in quello sguardo orientato a Lui tutto vibra di vita, di meraviglia, di stupore, di gioia! Ci fa comprendere che tutto, dalle montagne ai ruscelli, le pecore, i pastori, ma anche tutti gli altri personaggi del presepe vivono in e per Lui … non c’è più alcuna distanza tra l’evento che si compie e quanti diventano, partecipano del mistero. Sono grata a mia madre che con il suo piccolo capolavoro di bellezza sin dall’infanzia mi ha fatto vedere con gli occhi del corpo la scena del Natale. E il mio grazie al Santo Padre Francesco che con la sua bellissima lettera mi ha ricordato che il presepe a partire dall’infanzia e poi in ogni età ci educa a contemplare Gesù.

La piccola avventura di Eub

a cura del Diacono Daniele Efficace Anche quel giorno come di routine Eub era stato svegliato all’alba da Horeb che gli aveva portato la colazione. Insieme si erano recati in campagna ed avevano lavorato sodo la terra arida per tutto il giorno. Il freddo si avvicinava e dovevano fare in fretta. E così Eub con sacra pazienza seguiva le indicazioni di Horeb. Horeb era sempre stato buono con lui ! Eub spesso osservava le sue ruvide mani che lasciavano capire quanta fosse stata dura la vita con lui. Quel deserto era difficile da domare. Ma Eub ed Horeb non si lasciavano intimorire dal freddo e dalla neve o dal caldo e dal vento del deserto. La terra li premiava con frutti splendidi ed invidiati da tutti i contadini del vicinato. Al tramonto erano rientrati come di consueto ed Horeb aveva salutato Eub con una amichevole pacca sulla spalla. Eub era stremato un po’ perché non sopportava il freddo, ed un po’ perché gli anni passavano ed il peso del lavoro, sulle sue povere spalle, cominciava a farsi sentire. Quella sera si era sistemato nel suo angolo preferito, l’angolo più buio della stanza dove la luce non sarebbe arrivata neanche al mattino. Era il suo angolo, l’angolo dove ogni sera poteva riposare le sue stanche membra, l’angolo dove dormiva in pace. L’alba sarebbe arrivata presto ed Eub scivolò subito nel sonno. All’improvviso delle voci che provenivano dall’esterno svegliarono Eub che assonnato e spaventato si ritrasse ancora di più nel suo angolo buio. Di quei tempi in quella regione non bisognava fidarsi di nessuno! Infatti dopo qualche istante la porta si spalancò delicatamente, ed una figura con una lunga barba ed un bastone in mano comparve illuminato dalla luce della luna. L’uomo con la barba entrò si guardò intorno, ma fortunatamente non lo vide, era proprio nascosto bene !Girando trovò un po’ di paglia la prese, preparò una specie di giaciglio e uscì fuori, dove continuò a parlare in quella lingua sconosciuta. Dopo qualche istante sull’uscio ricomparve l’uomo con la barba e dietro di lui vidi un mulo che sembrava molto stanco, sulle spalle portava una figura incappucciata con un lungo mantello che la luna illuminandolo lo faceva risplendere di un bellissimo colore blu cielo. Quando entrarono e l’uomo con la barba accostò la porta una sensazione di pace si diffuse nell’aria. L’uomo aiutò l’esile figura a scendere dal dorso del mulo e così mi accorsi che era una donna dagli occhi del colore del cielo, dal cappuccio si intravedevano lunghi capelli color castano e non era sola. Sotto il mantello il gonfiore della pancia lasciava immaginare che da lì a poco l’uomo con la barba sarebbe diventato Padre e la donna dagli occhi blu Madre. Io ero sempre nascosto al buio e dalla fessura trafelato osservavo tutto. L’uomo sistemò la Donna ormai stremata dal viaggio sopra la paglia, e avvicinò il mulo perché con il suo fiato potesse scaldarla, per quel poco che poteva. La notte era gelida ! Mentre io dalla fessura trafelato continuavo ad osservare tutto. All’improvviso una luce più forte illuminò la notte, accompagnata da un suono soave, forse un canto. Era bellissimo e intenso. Ed io sempre nascosto al buio dalla fessura trafelato osservavo tutto. La donna chiamò l’uomo per chiedere aiuto, era giunto il momento : “mio caro Iosef ci siamo vieni è il momento dammi la mano stai qui vicino a me….”; L’uomo rispose : “Miriàm, Miriàm! Sono qui con te ecco la mia ruvida mano il viaggio è stato lungo ma Dio è con noi. Vedrai andrà tutto bene”. Eub sobbalzò all’improvviso capiva il linguaggio, poteva comprendere che l’uomo si chiamava Iosef e la donna Miriam e che venivano da molto lontano. Eub sempre nascosto al buio dalla fessura trafelato osservavo tutto. Fuori la luce aumentò e il canto sembrava più celestiale. Mi alzai e vidi tra le braccia di Miriam una piccola creatura, aveva gli occhi della mamma colore del cielo. Occhi che un giorno sapranno guardare oltre l’orizzonte umano, occhi che riscalderanno gli altri occhi. Le mani sono proprio del papà Iosef, mani forti che un giorno sapranno sostenere chi gli è vicino. Mani che sapranno accarezzare. Mani che si tenderanno per altre mani. I piedini sono già forti, sono piedi che faranno tanta strada. Piedi che cammineranno al fianco di chi soffre. È piccolo ma sorride già e il suo sorriso mi arriva dritto al cuore. La donna Miriam si gira e guardando Iosef sussurra delicatamente : “Iosef vieni ti presento il tuo primogenito Jeshua, tuo figlio”…. c’era tanta Luce, c’erano tanti canti e faceva tanto freddo…. Il Bue Eub uscì dal suo angolo, e si mise dietro al piccolo Jeshua. Al fianco del mulo Pered che sorridendo lo ringraziò esclamando : “finalmente eccoti!”, Iosef e Miriam davanti a loro! Insieme a Pered cominciarono a riscaldare la piccola famiglia, la notte era fredda ma grazie a loro ora diventava più calda. Eub si era fatto coraggio ed era uscito, nonostante la stanchezza, dal suo nascondiglio per donare un po’ di calore al piccolo bambino Jeshua, all’uomo con la barba Josef ed alla donna con il gli occhi blù Miriam. Ora era tutto più caldo, ora era tutto più sereno. Questa è l’immagine che videro i primi pastori che con coraggio aprirono la porta : Eub il bue, Pered il mulo, Jeshua, Josef e Miriam nella stalla in quella luminoso notte di Natale al canto degli Angeli. Questa è l’immagine che oggi si trova davanti a me a te e a noi : un bambino piccolo, un uomo con la barba, un donna dagli occhi blu, un bue ed un’asino in una fredda notte di inverno. Una notte che può essere riscaldata solo se io, tu e noi troviamo il coraggio di uscire dal nostro buioso nascondiglio e portare un po’ di caldo e di luce, questo è NATALE esci !

Concerning the Crib, I say, Catholics Worship the Statues And A Letter To Theophilus

a cura di Angelus Misigaro In the cold winds of winter, in the days of great alert, the voices, anonymous voices, are heard. This is the great alert that is directed to the Church; The Catholic Church. So stressing on the tittle the story continued! “The Catholics have constructed the statues of various Saints and important people and they worship them. They have now gone too far to building the cribs which to me are like the high places forbidden by God when He said; “you shall not make for yourself a graven image, or any likeness of anything that is in heaven above, or that is in the earth beneath, or that is in the water under the earth; you shall not bow down to them or serve them…” (Ex. 20:4, 5) “”We expected the Catholics to do the requirements of Num. 33:52, which says; “…you shall drive out all the inhabitants of the land from before you, and destroy all their molten images, and demolish all their high places;” but these, the Catholics haven’t done!!”” “I grew in the Catholic Church, a devoted faithful, and I believed it is the only One True Church. But now I am afraid because of my children. I pity them within these strong winds of the new world. How are they going to survive this long winter facing the church?” Thus my friend in Christ was in a great danger of being swept away by these voices of the what I call, “enemies of the Church.” To help him at least move from this coldness I had to be like Luke the Evangelist who wrote to his friend. And this I write to my Theophilus. My friend, in the Old times God said to Moses, “Make a fiery serpent, and set it on a pole; and everyone who is bitten, when he sees it, shall live.”(Num. 21:8). And before that He had said to Noah, “I set my bow in the cloud, and it shall be a sign of the covenant…when a bow is in the clouds, I will look upon it and remember the everlasting covenant…” (Gen 9:13, 16) Did God mean then that the Israelites under Moses worshipped a fiery serpent? You too my friend have various memorial objects at home, and I recall you having the statues of your grandparents! You also have various photographs of you own and of those dear to you!  What do you do with them? I hope you respect them though you don’t worship them. And this is also proper to the Catholics. Having told you these, you should also be aware of the following; In human life, signs and symbols occupy an important place. As a being at once body and spirit, man expresses and perceives spiritual realities through physical signs and symbols. As a social being, man needs signs and symbols to communicate with others, through language, gestures, and actions. The same holds true for his relationship with God. (CCC 1146)These you call statutes, for us are signs through which we transcend to the signified; we don’t remain to the signifier (Object) Saint Francis of Assisi (1182–1226 AD) created the Christmas crèche or nativity set to help people who might never have a chance to visit the Holy Land and see Bethlehem in person (Catholic Answer Book). The crib helps us to contemplate the Christmas story, and as we contemplate the Christmas story it helps us to encapsulate a wealth of popular piety. (AS 1) We don’t worship these images. It is only God that is worthy of being worshipped and we obey His commandment which He stated: “you shall not make for yourself a graven image… you shall not bow down to them or serve them. (Ex. (20:4-5) Moreover, my friend, we remember very well what happened to the sons of Israel when they made a molten calf and worshiped it. (Ex. 32:4). The beauty of the images moves us to contemplation…. The contemplation of sacred icons, united with meditation on the Word of God and t

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