Testimonianza di Martina Liebsch, partecipante alla prima edizione del Diploma“Donne e Chiesa” promosso dall'Istituto di Studi Superiori sulla Donna
Come collaboratrice di un’organizzazione cattolica per molti anni sia a livello locale, nazionale e internazionale, una delle questioni che mi ha sempre accompagnato nel mio lavoro è stata la questione dell’uguaglianza fra uomini e donne, nel quotidiano, nella politica e al lavoro.
Mentre in molti ambiti ci sono stati dei progressi nell’ultimo decennio, nella Chiesa Cattolica anche se si riconosce l’uguale dignità fra uomo e donna, c’è una mancanza concettuale, soprattutto per distinguersi dalla teoria del gender. Anziché trovare una chiarezza di concetti compatibili con la dottrina sociale della chiesa, negli ultimi anni ci si è spesso focalizzati a demonizzare la teoria del gender. Per lo più manca molte volte la messa in atto di uguali opportunità, come un’inchiesta fatta nell’anno 2018 fra le 165 organizzazioni membro di Caritas lo ha anche dimostrato. Con questa inchiesta Caritas voleva fare uno “status delle cose” sulle donne in Caritas al di là degli aneddoti e le percezioni. La mancante presenza di donne in posizioni di leadership, lo spazio mancante sia di riflessione e di formazione sull’uguaglianza fra uomini e donne, la mancanza di sistemi di appoggio per donne che potrebbero assumere posizioni di leadership e la questione del divario retributivo erano fra i quesiti sollevati da collaboratori femminili e maschili.
Il corso “Donne e Chiesa”, tenutosi durante due settimane, una a settembre 2019 e una a febbraio 2020 per me e stato una gradita e coraggiosa offerta e una sfida allo stesso tempo: La possibilità di riflettere, di studiare il magistero e le sacre scritture per veramente comprendere chi siamo nella Chiesa in base alle scritture e chi vogliamo essere. Il corso ha cercato di affrontare la mancanza concettuale ma anche la mancanza di dialogo su questa tematica all’interno della Chiesa e delle sue strutture e quindi ha cercato di colmare un divario.
Le domande che portavo con me al corso riguardavano soprattutto come affrontare in maniera intelligente, informata, pratica e basata nella dottrina sociale l’ineguaglianza percepita nel quotidiano e le resistenze per avviare un cambiamento. E – altra domanda - se le scritture, il magistero e altri pronunciamenti della Chiesa cattolica erano veramente ostili verso le donne o se bisognava darne una lettura differenziata e attenta?
Il corso e stato ricchissimo di spunti di riflessione, impartiti da donne e uomini, e utilizzando approcci diversi: dal punto di vista biblico, del magistero, sociologico e psicologico. Questo approccio interdisciplinare e stato un valore in sé stesso. Le partecipanti e un uomo (soltanto), un gruppo di persone di diverse realtà geografiche e culturali. Proprio questa diversità e il fatto che non pochi partecipanti abbiano fatto lunghi viaggi per partecipare a questo corso, ne ha dimostrato la necessità.
Il corso ha confermato attraverso le testimonianze di partecipanti, che c’è spesso ancora una mentalità negli ambiti della Chiesa nei quali – promossa di una visione della donna ristretta (vista solamente come responsabile per gli affari domestici e la cura dei bambini oppure di una visione della donna, che si fonda su un’immagine idealizzante come una serva sottomessa e silenziosa) – si presume che la donna è la persona dedicata al servizio e spesso non pensata come capace di assumere carichi di responsabilità.
È stato “rinfrescante” ascoltare interpretazioni della figura di Maria (spesso associata a un ruolo passivo e servizievole) e del suo ruolo che la descrivevano come una presenza autorevole. È stato molto importante sentire analisi del magistero dove si trovano ampi spunti per una partecipazione delle donne, e.g. nella Christifidelis Laici. Ma sembra che questi testi non vengano sufficientemente percepiti. È stato personalmente toccante la riflessione sulla maternità, - io pur essendo madre certi aspetti non li avevo mai pensati, per esempio il lutto che soffre una madre quando la figlia diventa madre
[1] - e pensare quanto il fatto di poter essere madre influenza il nostro essere.
Partecipanti nel corso hanno affermato che sentono la mancanza della partecipazione (alle decisioni), del loro riconoscimento come attrici allo stesso livello degli uomini e il dialogo tra uomini e donne. Non vogliamo che il dialogo si riduca alla discussione sull’ accesso delle donne al ministero sacerdotale e, ma vogliamo un cambio di mentalità di laici e sacerdoti. Molte delle partecipanti hanno affermato che il ministero sacerdotale non e la loro preoccupazione.
Quello che il corso ha anche messo a fuoco, anche se sembra banale: Non c’è “la donna”. Siamo diverse, con diversi piani e progetti e non vogliamo essere ridotte a dei stereotipi. Anzi, vogliamo fiorire e contribuire alla vita della Chiesa.
Il corso e stato l’inizio, il sasso buttato in acqua che genera tante onde, che genera speranza, come non poche delle partecipanti lo hanno detto. Le onde siamo noi, che adesso meglio preparate possiamo portare queste preoccupazioni, ma anche le conoscenze nei nostri ambiti. La formazione ci sembra fondamentale. Personalmente mi sono chiesta a più riprese, perché un corso simile non possa essere parte di un corso di introduzione a nuovi impiegati nelle strutture ecclesiastiche. Sarebbe un salto di qualità e contribuirebbe anche ad un ambiente sano e rispettoso in qualsiasi organizzazione.
Roma, 15 febbraio 2020
[1] Io ho sentito lo stesso quando mio figlio ha accennato la volontà di diventare padre