Michela Pensavalli – AFFETTIVITÀ E VITA CONSACRATA

L’amore è la forza più potente per la completa realizzazione di sè. Trova la sua naturale espressione nel matrimonio (dono di sé a livello fisico, psichico e spirituale). L’ideale religioso e l’appello dell’amore umano creano spesso una situazione conflittuale in una religiosa.

         “Tornavo, perché incitata da chi mi dirigeva, nella speranza di conoscermi meglio, di vedere chiaro nella mia vocazione. Coscientemente cercavo, in quei momenti, di entusiasmarmi per motivi umani (incontro con le compagne ecc…) per trovare la forza del distacco. Ma soffrivo ogni anno di più. L’ultimo mi sembrava di impazzire. Ma né con mia madre, né con nessun familiare ho fatto alcuna confidenza: nella loro sensibilità e semplicità non erano capaci di comprendermi o per lo meno affrontare con decisione e sincerità il problema. Mi ricolmavano di attenzione e mi consigliavano di rimanere in casa e basta. Tuttavia anche se indecisa mi sentivo attratta dall’ideale di una donazione completa e disinteressata agli altri e dall’amore totale a Cristo. Ma avvertito anche la bellezza dell’amore umano, dell’intimità familiare, della libertà. Mi avviliva la prospettiva della freddezza delle comunità religiose”.

La donazione di tutta me stessa a Dio, e agli altri, tutti, vicini e lontani, sacrificio gioioso di ogni istante, non raramente accompagnato dalle lacrime, è, io credo il mio ruolo di donna consacrata. Ma è possibile a me, donna, dare la vita sempre in silenzio? Come vorrei invece manifestare l’amore! Talora lo faccio, perché mi viene spontaneo, ma più spesso me ne astengo, per timore di sbagliare e di far così del male alle persone amate. Eppure so benissimo che la delicatezza, la dolcezza, la bontà disarmano, conquistano, rendono felice chiunque e uno sguardo di tenerezza è assai più indimenticabile di una grande pena”.

         Esiste una difficoltà nel mettere a confronto le esigenze dell’amore nascente con le rinunce che la consacrazione a Dio richiede. Le esigenze più intime e profonde troveranno un’adeguata gratificazione nella fedeltà all’impegno preso verso Dio. La stessa donazione di amore può realizzarsi pienamente anche senza intimità fisica.

         Mi dono completamente all’amore di Dio e dei miei fratelli (amore “sponsale”). Vivere la vocazione femminile con spirito religioso e la vocazione religiosa con spirito femminile.

         “ Godo di una meravigliosa libertà interiore che non mi lascia mai. Potrei aggiungere che non sono affatto un “pezzo di legno” perché sento,  sento sempre fortemente, come sente ogni donna normale. Non mi meraviglio e non mi dispiace, anche se vivere la vocazione “da donna” è assai impegnativo ma anche meraviglioso”.

         La libertà e la gioia della donazione fatta a Dio è preparata dall’amicizia:

         “Nella nostra vita di persone consacrate (lei lo sa meglio di me) tutto e tutti si devono lasciare. Ma è meraviglioso volersi bene davvero: io non avrei mai creduto che ciò fosse compatibile con la vita, la vocazione e l’ideale da me scelto. Ora vedo la cosa come ovvia, normale, anzi essenziale al mio stato di consacrata. Infatti io mi sento molto più “a posto” ora, più sicura e più libera.

         Forse una specie di stordimento mi ha fatto, non dico dimenticare, ma mettere un po’ da parte per un momento Dio e il fine primario della vita religiosa, cioè l’e con Dio. Ero troppo esasperata da molte cose, non ne potevo più. Ora mi sembra di rientrare piano piano in carreggiata, ma sono diversa, molto forse, dalla persona che ero alcuni anni fa”.

         L’amicizia potenzia e risveglia risorse di vita e aiuta le persone ad aprirsi con Dio e con gli altri.

Michela Pensavalli

 

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