A cura di Paolo Di Lazzaro, Dirigente di ricerca ENEA e Vice Direttore del CISS
La Sindone di Torino è un oggetto di studio sfuggente, perché ricco di indizi e scarso di prove,
che rifugge e sconsiglia approcci semplicistici e conclusioni affrettate. Considerando l’insieme dei risultati delle analisi scientifiche, allo stato attuale gli studiosi hanno più domande che risposte sull’origine della Sindone di Torino [1]. Dobbiamo ammettere che non abbiamo dati sufficienti a stabilire se si tratti di una autentica reliquia o di un falso, accontentandoci di mere probabilità [2]. Chiunque affermi di avere la certezza che la Sindone è un manufatto
medievale oppure che la Sindone è l’autentico lenzuolo funerario del Gesù Nazareno, aggiunge una
dose di “fede” ai dati oggettivamente disponibili. Anche per questi motivi, si tratta di un oggetto di studio non banale e affascinante, “una sfida alla nostra intelligenza”. Per vincere questa sfida occorre da una parte la disponibilità di effettuare una campagna di misure non invasive del telo, e d’altra parte essere coscienti che non possiamo porre
alla Scienza domande a cui essa non può rispondere: la risposta ad una domanda di fede non si
trova sulla Sindone, ma negli occhi e nel cuore di chi la guarda.
Letture:
[1] F. Viviano: Why Shroud of Turin’s secrets continue to elude science, National Geographic, April
17, 2016 http://news.nationalgeographic.com/2015/04/150417-shroud-turin-relics-jesus-catholicchurch-
religion-science/
[2] Una interessante riflessione a più voci sulla diatriba vero/falso si trova in Sindon, n. 1 (Settembre
2020) https://sindone.it/museo/wp-content/uploads/2020/09/SINDON_01-1.pdf pagg. 5-39.