E allora separeremo la donna dalla maternità. Sarà emozionante nascere in un «contenitore di plastica»
«Avere un bambino non è né maschile né femminile. È semplicemente umano», ha dichiarato allora ai giornali. E nello stesso anno, in Australia gli scienziati del Dipartimento di medicina del New South Wales, hanno creato il primo utero artificiale servendosi di un oggetto comunissimo ed economicissimo come un contenitore di plastica. Con buona pace della sacralità dell'utero materno. Da quel momento anche i maschietti possono far propria una rivendicazione femminista come «l'utero è mio e me lo gestisco io». E forse in un futuro neanche troppo lontano, il vero uomo sarà quello che affronta coraggiosamente i dolori del parto.
di Luigi Amicone - Tempi
«Avere un bambino non è né maschile né femminile. È semplicemente umano», ha dichiarato allora ai giornali. E nello stesso anno, in Australia gli scienziati del Dipartimento di medicina del New South Wales, hanno creato il primo utero artificiale servendosi di un oggetto comunissimo ed economicissimo come un contenitore di plastica. Con buona pace della sacralità dell'utero materno. Da quel momento anche i maschietti possono far propria una rivendicazione femminista come «l'utero è mio e me lo gestisco io». E forse in un futuro neanche troppo lontano, il vero uomo sarà quello che affronta coraggiosamente i dolori del parto.
Siamo tutti madri, Repubblica, 24 gennaio 2014
Potevano titolarlo «La misoginìa della tecnoscienza e suoi servizi all'agenda Lgbt». La luce del riflettore di Repubblica ha scelto la solita parzialità sentimentale: «Siamo tutti madri». È interessante che sia un uomo, Mario Niola, a firmare R2 cultura (24 gennaio) una eccellente e, perciò, quanto più sbalorditiva recensione a un libro che comunque converrà leggere. Almeno a chi sta di guardia ai fatti "nei tempi bui", come direbbe Hannah Ardent.
I fatti che fanno inorgoglire e gongolare il quotidiano debenedettiano, sono contenuti nel verbo del libro Storia naturale del concepimento. Come la scienza può cambiare le regole del sesso (Bollati Boringhieri, pag. 320, euro 22) di Aarathi Prasad. Autrice di origini indiane che, con un pizzico di sapiente dissimulazione, il recensore presenta come una compassata, autorevole genetista inglese, modello di autorità scientifica. Troppa grazia. C'è un po' di più e un po' di meno nel profilo della bella Aarathi.
Da un passato di biologa ricercatrice, la dottoressa Aarathi è transitata a un presente di pubblicista e divulgatrice scientifica. La televisione e il laboratorio mal si sposano. Però forse si guadagna di più nel mondo dello spettacolo che in quello dei veri ricercatori. Così, la signora è approdata a Chanel 4 è ha animato discussioni tipo se sia "Meglio essere di razza mista" o nel "Nuovo Mondo con Stephen Hawking". Insomma, un'affascinante testimonial di un certo tipo di ideologia scientista (per esempio quella specializzata nella promozione dell'industria visionaria di linee cellule embrionali umane e chimere uomo-animali), servita alle masse come cervellona piegata "sulle sudate carte".
Forse si sarebbe potuto avvertire il lettore di Repubblica che più che una "scienziata", come sottolinea Nioli, la Aarathi è un'autrice giornalistica come ce ne sono tante, specializzata in tematiche di carattere scientifico. Così, al netto dell'esagerazione e della supponenza, si staglia in pagina una bella storia da attualissima e inquietante ubriacatura ideologica.
Altro che cibi Frankenstein. Altro che al lupo al lupo Ogm. La pecorella del saggio in questione spunta già nel titolo dell'originale versione inglese. Un grazioso Like a virgin che, scrive Niola «fa circuitare la Madonna e Madonna. In nome del parto virginale». «Quella partogenesi – aggiunge l'entusiasta recensore – che oggi rappresenta la versione scientifica dell'immacolata concezione».
Si capisce già qui a cosa miri l'operazione spot. Ed ecco la per nulla nuova buona novella: «La tesi di Prasad è che dell'antica idea della donna come madre per natura stiamo entrando in una nuova era della procreazione in cui a dettare legge non è più la natura, ma la scienza e la tecnologia che offrono agli individui una libertà di scelta finora impensabile». Lo strapotere della tecnoscienza sarebbe "libertà impensabile". Dunque, è un vero peccato che quel portento di scienza e tecnologia che è la bomba al neutrone sia stata reazionariamente biasimata e messa al bando dal consesso delle nazioni civili. Ma questa non è la bomba H.
Non è una bomba? Libertà impensabile, prosegue il recensore, «nel senso che la fecondazione assistita sta progressivamente mettendo fuori gioco il pensiero unico della maternità. Quello che dalla notte dei tempi considera la donna il solo essere concepito per concepire. Un'incubatrice ambulante. Una portatrice passiva». "Pensiero unico"? "Notte dei tempi?" E noi che abbiamo sempre pensato che la maternità è un fatto e pure solare, gioioso. Mentre, esattamente all'opposto, il pensiero unico è proprio questa ideologia nottambula e mortifera dell'uomo separato dalla donna, del sesso separato dalla riproduzione, i figli dai genitori e, ora, definitivamente, la maternità dalla donna. Un programma lievemente nazistello, che dite? Dove i protagonisti sarebbero i nuovi Mengele in doppio petto e gli accessori i governi, distrutta la politica e i parlamenti, ridotti a cinghie di trasmissione delle volontà di potenza e business sui corpi umani quotati in Borsa.
E questo sarebbe il mondo da favola che piace alle gente che piace. Secondo lapsus freudiano per quale felice e libero Nuovo Mondo? Quello che il bravo articolista di Repubblica lascia trasparire dietro l'encomio al grande precursore della tecnoscienza, «il grande filosofo e alchimista Paracelso che cercò di riprodurre l'origine della vita sigillando del seme maschile in un'ampollina di vetro e magnetizzandolo».
E questo è tutto. Tutto lo spirito di un libro "divulgativo" e iniziatico all'alchimismo del secondo millennio. A cui Repubblica aggiunge soltanto tutto l'entusiasmo che si deve a un genere di pseudoscienza che supporta le battaglie dell'agenda Lgbt.