Eugenetica alla Flamigni
Storie di ordinaria eutanasia. Quanti giochi di parole. Sul Corriere del 17 continua la sagra di Carlo Troilo e del suo: “Liberi di morire”. Libro in cui Carlo confida ai lettori il perché della sua scelta a favore della dolce morte.“Mi batto per l’eutanasia perché essa fu negata a mio fratello Michele, il quale non avendo retto a due cicli di chemio, si buttò già dalla finestra.
Mio fratello, povero Cristo anche lui, di cicli ne fece a decine. Lasciò un bimbo ancora in grembo e mai ci chiese il gesto estremo. Ancora rievocazioni in salsa Welby. Su Il Fatto Quotidiano del 17, Marco Politi se la prende col cardinale Ravasi.
Il ministro della Cultura Vaticana, ha celebrato una messa per Atonia Pozzi, poetessa morta suicida. E Welby ? scrive Politi Ma Politi c’è o ci fa ?
Sale lo spread sull’ateismo. Se l’ateismo si diffonde è perché i dogmi della Chiesa non convincono più (parole del Kung italiano, Vito Mancuso su Repubblica del 20). Fede in crisi ? Tesi ardita. Come tutta l’opera di Mancuso. Più un annuncio che una verità , lo liquida così con la solita francescana pacatezza Francesco D’Agostino, su Avvenire.
A volte ritorna (e per fortuna). E’ il Sant’Uffizio. Il cardinale Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede - ex Sant’Uffizio ha consegnato alle rappresentanti americane della “Leadership Conference of Women Religious” un documento chiarificativo circa alcune loro inaccettabili posizioni delle madri superiori su ordinazione femminile e sessualità umana (Lucetta Scaraffia su Il Messaggero del 21). Ancora sul “Giardino degli Angeli”. Oltre la moda del testamento biologico, nei municipi di Roma si diffonde quella della sepoltura dei feti. Più utili checchè ne scriva Il Manifesto di lunedì.
Chiudiamo con la Stampa locale del 21 aprile. Gazzetta di Reggio. Lezione di antilingua di Carlo Flamigni, il padre della fecondazione artificiale ha inaugurato la “tre giorni” delle “Giornate della Laicità ” con queste parole: “impedire certe nascite per avere un figlio non perfetto è un gesto di compassione”. Che pena !
Antonello Cavallotto