G. Cucci – Il “cuore” dell’insegnamento

Il “cuore” dell’insegnamento

Giusy Cucci, 29 anni, insegnante di religione

 

Salve a tutti! Mi è stato chiesto di poter condividere con voi la mia esperienza a scuola, ed eccomi qua!

Mi chiamo, Giusy ho 29 anni, faccio parte attiva delle mia comunità da quando avevo 14 anni, sono membro del gruppo coro e del gruppo giovani, presto  servizio nella catechesi e adesso sono anche presidente parrocchiale Azione cattolica ed educatrice ACR. La mia esperienza con i ragazzi  è  dunque soprattutto “esperienziale” e - come dico sempre -  24h su 24, perché i miei ragazzi sanno di potermi chiamare o inviare messaggi a qualsiasi ora, quando sentano il bisogno di parlare o avere un consiglio.

Posso dire che la mia esperienza da educatrice mi ha sicuramente aiutato molto anche nell’insegnamento! Con molta umiltà sono certa di non avere ancora tantissima esperienza “dal punto di vista lavorativo” perché insegno da 6 anni e non sempre riesco ad avere l’incarico annuale, però la mia forza è sempre in Dio. A Lui affido i ragazzi che mi sono affidati, e non potrebbe essere diversamente: io metto tutta me stessa nel lavoro che svolgo, consapevole però  che il ruolo fondamentale è quello del Signore, nell’insegnamento come nella mia vita. È Lui che ha voluto realizzare questo progetto nella mia vita, chiamandomi ad una funzione – insegnare - che è prima di tutto una vocazione; mi sono veramente sentita chiamata a svolgere questo compito così importante, perché quando si tratta di lavorare con persone e soprattutto con i ragazzi entra in gioco una grande responsabilità perché ci si prende cura di loro, averne cura come ogni essere umano deve avere cura della creazione.

Di certo quella di noi insegnanti di religione non è una “missione” semplice: ogni giorno mi rendo conto che è sempre una sfida, prima di tutto con noi stessi, perché capita di sentirci sottovalutati non solo con gli alunni, ma soprattutto da colleghi che reputano quasi “inutile” l’insegnamento di tale materia. Credo che, per certi versi, sia molto più semplice insegnare italiano, matematica, perché sono dei concetti, delle formule da imparare, e molto più difficile insegnare religione oggi, in una cultura laica e spesso anche atea, dove tutto viene vissuto con pregiudizio e tutto viene messo in discussione.

Ma noi insegnanti di religione abbiamo in mano uno strumento che tutti gli insegnanti dovrebbero avere, il cuore, perché è vero la religione a scuola è sicuramente una disciplina grazie alla quale i i ragazzi non solo imparano, riflettono, meditano, ma possono confrontarsi; è una disciplina attraverso cui i ragazzi veramente possono crescere, interiorizzare quei valori universali che ogni individuo dovrebbe possedere per creare relazioni vere autentiche, nel rispetto reciproco. Nella mia esperienza quotidiana cerco di instaurare con i ragazzi non una relazione, ma la Relazione! Il mio punto di partenza, è proprio la relazione, iniziando con il mio mettermi in gioco con loro, anche attraverso il mio “raccontarmi” ciò mi fa essere vicino a loro, ai loro bisogni, alle loro esperienze. Altro elemento per me fondamentale è l’accoglienza, un’apertura che non escluda nessuno, cercando di identificare in ciascuno il giusto ruolo all’interno del gruppo classe. Queste secondo me sono le basi per instaurare un buon rapporto con gli alunni, i primi, fondamentali, passi per poter giungere ad una fiducia reciproca. Sono sì insegnante ma anche educatore, perché insegnare è anche educare! Devo certamente educare alla vita, ma sempre con gli occhi aperti, sforzandomi di capire le esigenze dei ragazzi, approfondendo la conoscenza, il loro vissuto; solo così posso aiutarli nei loro momenti di difficoltà.

Ho imparato che i ragazzi vogliono essere amati, questa la loro principale aspettativa; vogliono sentirsi accolti, ascoltati. L’ascolto è oggi  un’altra componente fondamentale: i ragazzi di oggi hanno bisogno di essere ascoltati, e spesso questo non succede: genitori troppo assorbiti dal lavoro, una società sempre più  caotica, febbrile e poco propensa aspendere del tempo per l’acolto; gli insegnanti spesso sono solo preoccupati di finire il programma, ed è lì che entriamo in gioco noi insegnanti di religione, chiamati ad instaurare un dialogo con i ragazzi che spesso hanno mille domande, mille pensieri per la testa e hanno davvero bisogno che qualcuno si prendi cura di loro.

Dobbiamo accettarli per quello che sono, ognuno con i propri limiti, impegnandoci ad essere buoni osservatori, attenti alle loro richieste di aiuto anche attraverso un semplice sguardo; sta a noi cercare di comprendere quei piccoli segnali che i ragazzi ci mandano. Solo così riusciremo davvero a creare un legame solido con loro e conquistare la loro fiducia. Purtroppo mi rendo conto che non sempre è facile, avendo una sola ora a settimana a disposizione! Se poi abbiamo più scuole il compito appare ancora più difficile, ma  per quanto sia arduo dobbiamo provare.

 Il mio motto è “CHI AMA EDUCA”: per me è davvero così, perché nella misura in cui mi dono completamente ai miei ragazzi, li amo, li accetto per quello che sono allora proprio in quel momento sono in grado di educare e raccogliere “i frutti” di quanto seminato!

Per me essere insegnante è davvero avere una gioia nel cuore e comunicarla ai miei ragazzi per rendere bella e buona la loro vita! L’augurio che posso fare a tutti miei colleghi è quello di non scoraggiarsi mai, di andare sempre avanti e svolgere il nostro dovere sempre con amore e umiltà!

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