Germán Sánchez Griese – COS’È UNA SPIRITUALITÀ?

L’identità a cui è chiamata la donna consacrata, comporta uno stile di vita in cui Dio sia il centro a cui tendere con tutto il suo essere di persona consacrata. Pertanto la consacrata cercherà di appartenere a Dio, vivendo la stessa vita che Egli vive. All’inizio questo può terrorizzare la donna consacrata al solo pensiero della possibilità di vivere la stessa vita di Dio. Tuttavia, se la donna consacrata studia con attenzione la vita del proprio Fondatore, si renderà conto che egli ha fatto un’esperienza dello spirito che gli ha permesso di vivere sempre in Dio, cercando in ogni momento di compiere la Sua volontà.

Dedichiamo un breve spazio di questo articolo ad analizzare quello che la teologia spirituale ci dice sull’esperienza dello spirito per dar fondamento a ciò che stiamo esponendo: “In teologia spirituale, è usuale distinguere tre piani di esperienza: esperienza religiosa, esperienza cristiana ed esperienza mistica. In primo piano, l’esperienza religiosa senza contenuti specificamente cristiani: Dio e la sua presenza, le relazioni dell’uomo con lui, dal movimento della trascendenza fino alla discussa possibilità di un’esperienza diretta dell’anima o dell’Assoluto nella mistica non cristiana. Cristiana (noi abbiamo detto spirituale) é, invece, l’esperienza religiosa determinata da contenuti specificamente cristiani: relazione personale con Dio, attraverso Cristo, negli atti religiosi della liturgia, nella stessa vita vissuta attuando la parola evangelica, nell’innesto con le realtà ontologiche che costituiscono la dotazione interiore del cristiano: grazia, fede-speranza-carità, inserzione in Cristo e nella chiesa. Mistica. Di tutte queste realtà, presenti nel cristiano non solo come densità ontologica di “nuova creatura” ma anche come dinamismo della sua ‘nuova vita’, non tutte sono oggetto di esperienza; generalmente le più ‘cristiane’ non si lasciano sperimentare come realtà presenti nella propria vita: così Cristo, lo Spirito che abita nel cristiano, il contenuto dei sacramenti. Quando cade il diaframma divisore tra il soprannaturale e la presa di coscienza, questi contenuti si fanno esperienza: fiorisce la cosiddetta esperienza mistica.

La donna consacrata è chiamata a fare un’esperienza dello spirito dal momento in cui, chiamata da Dio, deve riprodurre in sé le caratteristiche più rilevanti del Cristo che l’ha chiamata. “L’esperienza religiosa (spirituale, diremmo noi) fa parte della rivelazione. L’alleanza reca tutto il materiale e il dinamismo dell’esperienza. Implica il sentirsi interpellato da Dio, prendere coscienza della sua presenza attiva e interpellante, rispondere personalmente a questa chiamata e vocazione.”

Si ha avuto paura e si è persino giunti a nascondere questa realtà della vita consacrata, forse per concessione o infiltrazione da parte della mentalità laicizzata. Tuttavia, lo stesso Magistero della Chiesa spinge tutte le religiose a vivere quest’esperienza dello spirito quando afferma che ciò che caratterizza un religioso sacerdote, tra le altre cose, è che “dia testimonianza di un’esperienza spirituale personale ispirata alla testimonianza e all’insegnamento del fondatore”: questo è valido anche per una religiosa. Quanto caratterizza la vita della donna consacrata è precisamente la capacità di vivere un’esperienza spirituale fondata sul carisma, cioè la stessa esperienza dello spirito fatta dal fondatore e trasmessa ai suoi discepoli spirituali.

Tale esperienza dello spirito consiste nel vivere con radicalità, convinzione e costanza la chiamata di Dio, in modo da instaurare una relazione con Dio, attraverso Cristo, in tutte le azioni della vita, dagli atti liturgici più eccelsi ai più semplici, da mettere in pratica il vangelo nell’agire quotidiano, inserendo in questa realtà i doni della grazia, delle virtù teologali e la vita con Cristo e con la Chiesa.

Ogni famiglia religiosa, ogni carisma sono costituiti da un’esperienza dello spirito che Dio ha permesso al fondatore di fare. L’origine di ogni carisma è diversa, ma nasce sempre da un desiderio di Dio di dare al mondo un nuovo modo di vivere la vita cristiana. Sorge quindi in un determinato momento storico, certa necessità della Chiesa, materiale o spirituale: essa permette agli uomini di mettersi in relazione con Dio, vivere la vita di Cristo, le virtù teologali e il rapporto con la Chiesa in una forma del tutto nuova. Da qui l’importanza di rispettare e promuovere ogni carisma che Dio ha donato alla sua Chiesa, dato che non serve solo alle persone consacrate, ma arricchisce tutta la Chiesa di nuove forme di vita cristiana.

Ogni membro della famiglia religiosa diviene portatore di questo carisma, che lo spinge naturalmente a sperimentare la vita dello spirito, l’esperienza spirituale, in modo assai singolare ma sotto le direttive e le indicazioni del carisma: così ogni persona consacrata compie un’esperienza spirituale personale molto singolare. Viene guidata in tutto dal carisma, ma la vive in prima persona, senza rinunciare alla propria personalità.

I diversi modi di vivere l’esperienza dello spirito danno origine a spiritualità diverse. “Così nascono, senza volerlo, le diverse forme dell’esperienza cristiana (spirituale, diremmo noi) che recentemente sono state definite ‘spiritualità’. Si alimentano al Vangelo per tutto, per la parte comune e per la parte specifica. D’altronde prestano un servizio al Vangelo, dato che manifestano la sua ricchezza illimitata, interpretata con le luci e i carismi dello Spirito Santo.” Ogni donna consacrata è chiamata a vivere la propria spiritualità, nata dal carisma che diede origine alla Congregazione o istituto religioso. Tale spiritualità le darà i mezzi necessari per vivere chiaramente la propria identità di donna consacrata, ma soprattutto le darà la continuità per vivere questi mezzi. Nella vita consacrata l’importante non è cominciare ma perseverare, aumentando sempre la conoscenza e l’amore a Cristo. La fragilità della vita umana rende necessarie motivazioni costanti e costanti mezzi che la spingano sempre a raggiungere l’ideale proposto dal fondatore, cioè la totale e piena dedizione a Cristo. “Possiamo dire che la vita spirituale, intesa come vita in Cristo, vita secondo lo Spirito, si configura come un itinerario di crescente fedeltà, in cui la persona consacrata è guidata dallo Spirito e da Lui configurata a Cristo, in piena come di amore e di servizio nella Chiesa. Tutti questi elementi, calati nelle varie forme di vita consacrata, generano una peculiare spiritualità, cioè un progetto concreto di rapporto con Dio e con l’ambiente, caratterizzato da particolari accenti spirituali e scelte operative, che evidenziano e ripresentano ora l’uno ora l’altro aspetto dell’unico mistero di Cristo. Quando la Chiesa riconosce una forma di vita consacrata o un Istituto, garantisce che nel suo carisma spirituale e apostolico si trovano tutti i requisiti oggettivi per raggiungere la perfezione evangelica personale e comunitaria. La vita spirituale dev’essere dunque al primo posto nel programma delle Famiglie di vita consacrata, in modo che ogni Istituto e ogni comunità si presentino come scuole di vera spiritualità evangelica. Da questa opzione prioritaria, sviluppata nell’impegno personale e comunitario, dipendono la fecondità apostolica, la generosità nell’amore per i poveri, la stessa attrattiva vocazionale sulle nuove generazioni.”

Molte Congregazioni e istituzioni religiose, fin dalla loro origine, sono state ispirate da Dio secondo una specifica scuola di spiritualità. Ci sono Congregazioni che s’ispirano a una spiritualità francescana, carmelitana, ignaziana, oblata, domenicana, ospedaliera. Può essere un’arma a due tagli, dato che se la Congregazione non ha studiato profondamente il proprio carisma, non basta dire che appartiene ad una determinata spiritualità per vivere e dar forma ad uno stile proprio. Sarà necessario che la Congregazione scopra, nelle intenzioni del fondatore, i motivi spirituali e profondi che indussero il fondatore a scegliere tale spiritualità. Se la spiritualità di un istituto o Congregazione religiosa non è intimamente unita alla vita della Congregazione stessa, è inutile o vano che essa dica di seguire una determinata scuola di spiritualità, solo perché ne è portatrice nel nome della Congregazione copra tutti i compiti della Congregazione, dalla sua forma di pregare, di celebrare la liturgia, fino agli aspetti quotidiani del suo operare, passando per le specifiche forme dell’apostolato.

Se un carisma è, secondo il Magistero della Chiesa, “ …un’esperienza dello Spirito trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo in perenne crescita,” tutta la vita delle persone consacrate e le opere apostoliche che esse realizzano dovranno riflettere questa esperienza dello spirito, altrimenti si potrebbe cadere nell’attivismo o in un modo di vivere assai lontano dalle intenzioni originali del fondatore. perché tale esperienza dello spirito si realizzi, non basta dire di seguire una determinata spiritualità, ma essa deve farsi vita attraverso alcuni mezzi assai specifici. Essi aiutano le persone e le istituzioni religiose a fare ogni giorno l’esperienza dello spirito. Non sono i mezzi a dar forma alla spiritualità, ma essi sono aiuti pratici, semplici, quotidiani, che permettono alle persone e alle istituzioni di vivere secondo il carisma.

Una scuola di spiritualità si definisce una “sintesi dottrinale originale o sistema teologico dottrinale di vita spirituale vissuta e insegnata dal fondatore e dai suoi seguaci.” Pertanto è necessario interrogarsi sulle motivazioni che spinsero il fondatore a scegliere una determinata scuola di spiritualità. Possiamo allora dire che ogni fondatore, per ispirazione dello Spirito Santo, propone ai propri discepoli un modo particolare di vivere tale spiritualità. Se si sceglie il francescanesimo, ad esempio, si deve ricercare l’aspetto specifico del francescanesimo che il fondatore voleva che si vivesse. Tale aspetto caratteristico costituirà la spiritualità propria dell’istituto o Congregazione religiosa. “Nella caratterizzazione e nella differenziazione delle spiritualità intervengono molti altri fattori personali. Ambientali, religiosi e culturali. Nella formazione di un carisma non tutti gli ingredienti hanno la stessa rilevanza e lo stesso influsso. Si può suggerire una classificazione generale dei principali criteri che danno origine e forma peculiare a differenti spiritualità. Come principio originante di spiritualità non hanno la stessa importanza e ampiezza l’esperienza del fondatore e il fattore culturale.”

Se, per esempio, prendiamo una Congregazione religiosa con una spiritualità benedettina, ma con grande partecipazione alla vita attiva, attraverso opere educative rivolte alla gioventù, ci renderemo conto che potrà essere diversa da un‘altra Congregazione, che, pur seguendo la spiritualità benedettina, si dedichi piuttosto alla contemplazione e alla preghiera. Le differenze andranno sempre ricercate nei fattori che indussero i fondatori non solo a scegliere la spiritualità benedettina, ma in quegli elementi che motivarono il fondatore a vivere l’uno, più in relazione coll’apostolato diretto e l’altro, più contemplativo. Possiamo quindi dire in un altro esempio che le Congregazioni religiose che riparano sotto la stessa spiritualità dovrebbero trovare il modo in cui applicare e vivere tale spiritualità, per essere consone al carisma voluto dal fondatore.

La indifferenziazione nel vivere i carismi è un altro fattore che disgraziatamente si è infiltrato in molte Congregazioni e istituzioni religiose, così come nelle persone consacrate. Fa parte della mentalità laicizzata di cui abbiamo trattato in questo articolo parlando del dolce veleno, perché addormenta, narcotizza o genera stanchezza nel vivere il carisma. Se tutti i carismi, come alcuni sostengono, sono in parte uguali, allora non ci saranno motivi che impediscano una fusione indiscriminata o un’e senza senso delle Congregazioni, perdendo lo specifico di ogni carisma.

Lo studio dettagliato e specifico di ogni carisma è uno dei migliori antidoti contro il dolce veleno in questo particolare aspetto della vita consacrata. Converrà pertanto interrogarsi sul modo in cui il fondatore volle che si vivesse una certa scuola di spiritualità. “La chiamata a ritrovare le proprie radici e le proprie scelte nella spiritualità apre cammini verso il futuro. Si tratta, prima di tutto, di vivere in pienezza la teologia dei consigli evangelici a partire dal modello di vita trinitario, secondo gli insegnamenti di Vita consecrata,con una nuova opportunità di confrontarsi con le fonti dei propri carismi e dei propri testi costituzionali, sempre aperti a nuove e più impegnative interpretazioni.”

Disgraziatamente, come abbiamo detto prima, il dolce veleno è penetrato anche in quest’aspetto, togliendo alla donna consacrata la possibilità di vivere l’esperienza dello spirito, cioè la consacrazione a Dio, a partire dalla propria spiritualità.

Germán Sánchez Griese

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