Germán Sánchez Griese – LA FORMAZIONE NEL MAGISTERO DELLA CHIESA: LA DIMENSIONE CONTEMPLATIVA DELLA VITA RELIGIOSA
Nato come figlio del suo tempo e provocato dalle vicissitudini che si percepivano nell’ambiente religioso, frutto di un’assemblea plenaria della Sacra Congregazione per i religiosi e gli Istituti secolari, questo documento coincide con altri documenti della stessa Congregazione in un tempo agitato del postconcilio e cerca di “calmare le acque” dando luce a situazioni difficili provocate molte volte dall’opposizione del mondo religioso. Nella stesura del documento “Religiosi e promozione umana” (12.8.198) sorse la necessità di definire l’importanza dell’elemento spirituale in tutte gli ambiti della vita consacrata, non con l’affanno di equilibrare la missione alla quale è chiamata la vita consacrata, ma per la fondamentale sua essenza. “ Tutti coloro che sono chiamati da Dio alla pratica dei consigli evangelici […] spinti dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei loro cuori, sempre più vivono per Cristo e per i suo corpo che è la Chiesa” (decreto Perfectae caritatis, n.1). Appare quindi in quei momenti la grandiosa necessità di definire in cosa consista questa e con Cristo, questo “essere più e più per Cristo”.
Questo documento ha il merito di riempire il vuoto che vie era nella spiegazione sul tipo di formazione che bisognava privilegiare, una volta dato inizio alla realizzazione delle direttive del Concilio sul rinnovamento della vita religiosa. Uno dei suoi contributi essenziali del documento sarà quello di dare una definizione di ciò che è la formazione nella vita consacrata “La formazione religiosa nelle sue varie fasi, iniziale e permanente, ha lo scopo precipuo d'immergere i religiosi nell'esperienza di Dio e aiutarli a perfezionarla progressivamente nella propria vita”. (la dimensione contemplativa della vita religiosa n.17)
La definizione chiara, breve e coincisa, puntualizza l’obiettivo principale della formazione nell’ esperienza di Dio. Questa esperienza di Dio non è un dato accademico che può essere arricchito intellettualmente. Traducendo in alcune lingue il termine con il quale il documento anima i religiosi all’esperienza di Dio, ci imbattiamo con la lingua spagnola che traduce in “sumergir”; in francese “immerger”; in inglese “immerse”; in italiano “immergere” . Per fare esperienza di Dio è necessario che i religiosi si immergano nella necessità di Dio, cioè che vivano la vita di Dio in se stessi e che si lascino possedere da questa vita divina. Secondo l’esperienza personale avvertiamo che questo sia il senso del termine immergersi applicato alla formazione.
Ciascuno dei religiosi deve fare esperienza di Dio se vuole portare a termine un adeguato processo formativo. Lo stesso documento al numero 27 ci da gli elementi necessari mediante i quali si può fare tale esperienza: “Si insiste sulla necessità di una formazione iniziale e permanente adeguata alla loro vocazione e vita di ricerca contemplativa di Dio « nella solitudine e nel silenzio, nella preghiera continua e nell'intensa penitenza » (P.C. 7), nell'impegno serio di fondare tale formazione su basi bibliche, patristiche, liturgiche, teologiche, spirituali e di preparare formatrici e formatori idonei a tale funzione”. L’ esperienza di Dio non deve confondersi con un fenomeno mistico. L’esperienza di Dio è un’esperienza mistica dell’e con Dio mentre un fenomeno mistico è la manifestazione esterna di detta e. “ Per fenomeno si intende ciò che si manifesta o appare nell’ambito della sensibilità in contrapposizione all’elaborazione teorica del concetto”.
L’e con Dio, l’esperienza di Dio o vivere la vita di Dio sono termini simili, trattano di descrivere il punto centrale della formazione nella vita consacrata. Benedetto XVI ha detto che “all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.” È quindi l’incontro personale con Dio, manifestato nel suo Figlio Gesù Cristo, ciò che permette al cristiano di vivere come tale. Quanto detto lo possiamo applicare anche alla persona consacrata. E precisamente è questo incontro con cristo, la sua e con Lui, vivere la stessa vita, l’obiettivo principale di tutto il processo formativo della persona consacrata.
Si tratta quindi che la persona consacrata apprenda a vivere la vita di Dio in se stesso, cioè apprenda a essere persona spirituale. A volte il termine spirituale può farci paura perché si confonde con il fenomeno mistico o con una vita troppo soggettiva della realtà spirituale. Abbiamo già spiegato spirituale non ha niente a che vedere con fenomeno mistico. La vita spirituale che è iniziata con il battesimo, si deve vivere in pienezza nella vita consacrata. E ciò non si contrappone con il mondo laico. I laici possono anche partecipare alla vita di Dio e possono vivere la vita dello spirito. Però la persona consacrata, per suo stile di vita e per ciò che è chiamata ad essere, ha molte più possibilità di vivere con maggiore integrità, coerenza e fervore questa vita dello Spirito – la solitudine ed il silenzio, la preghiera continua e la penitenza intensa – sono più facili da vivere nella vita religiosa. Attraverso questi atteggiamenti, la persona consacrata imparerà a stare con dio e ad essere di Dio.
Questo è l’obiettivo della persona consacrata e quindi l’obiettivo alla quale tende la formazione nella vita consacrata. Stare con Dio ed essere di Dio sarà possibile se fin dall’inizio della formazione si aiuta la religiosa a sperimentare la vita di Dio nella sua vita, in questo consiste fare esperienza di Dio. E come è stato già detto, se il carisma è l’esperienza dello Spirito che Dio ha permesso che un fondatore facesse affinché altri potessero condividerlo, approfondirlo, svilupparlo e trasmetterlo è logico pensare che ogni carisma può e deve servire come scuola privilegiata per apprendere come immergersi nella vita di Dio.
Germán Sánchez Griese