Il Fondamento della sacramentalità del matrimonio secondo la Teologia del Corpo
Il Fondamento della sacramentalità del matrimonio secondo la Teologia del Corpo
Comunicazione per il Convegno Internazionale Sulla Teologia del Corpo,
Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma, 9-11 novembre 2011.
Giovanni Paolo II trova il fondamento della natura sacramentale del matrimonio nell’“immagine e somiglianza” con Dio che l'unione tra l’uomo e la donna ha "da principio", cioè nel "piano originale" di Dio .
Il parallelismo che troviamo in Genesi 1,27: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò», rivela che “l'unione dei due” rappresenta la più originaria visibilità dell'amore di Dio (o di Dio che è amore) in questo mondo. Questa idea è riassunta da Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio n. 11:
Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore.
Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d'amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione (cfr. Gaudium et Spes, 12). L'amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano.
L'“unità dei due”, nel secondo capitolo della Genesi è espressa come unione in “una sola carne”. Adamo, dopo aver esaminato gli animali senza trovare in essi un “aiuto simile” a lui (un “aiuto adeguato” traduce Giovanni Paolo II), riconosce nel corpo di Eva la propria umanità, l'immagine di Dio: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa»; (Gen 2,23) e da questo riconoscimento nasce l’unione: «Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24). Il corpo umano sessuato porta "inscritta" (possiamo anche dire "scolpita" o "incisa") nella sua visibilità la chiamata all'amore e alla comunione più intima. Questo è ciò che Giovanni Paolo II chiama il "significato sponsale" del corpo umano.
Gesù Cristo, per esprimere la sua concezione del matrimonio nella sua risposta alla domanda sul divorzio (cf. Mt 19 = Mc 10) si rifà al “principio”: Mosè ha permesso il divorzio, ma “in principio non era così” (Mt 19,8), e collega Gn 1,27 con Gn 2,24: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt 19:4-6).
S. Paolo, raccogliendo l'insegnamento di Cristo, ha in mente Gn 2,23-24 quando esprime ciò che Giovanni Paolo II chiamava la “grande analogia” tra l'unione dell'uomo e la donna in “una sola carne” e l'unione di Cristo e la Chiesa. Nel capitolo 5 della Lettera agli Efesini, sollecitando i mariti cristiani ad amare le loro mogli, presenta come modello l’amore tra Cristo e la sua Chiesa: «Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Grande mistero è questo; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa (Ef 5, 29-32)».
Questa “grande analogia” attraversa tutta la Scrittura. Proviene dalla tradizione profetica e si collega perfettamente con il fatto che “l'unità dei due” in “una sola carne” sia “immagine e somiglianza di Dio” dal punto di vista dell'amore e della comunione. E l'amore e la comunione di Dio con l'umanità, nella Scrittura si chiama “Alleanza”. Alleanza di Dio con il suo popolo, che sarà perfettamente compiuta nell'unione di Cristo con la sua Chiesa, la "Nuova Alleanza".
Il matrimonio, per S. Paolo, è “mistero” riguardante Cristo e la Chiesa, vale a dire, una espressione e partecipazione del piano di salvezza di Dio, nascosto da secoli e nella pienezza dei tempi rivelato e realizzato in Cristo. Il “mystérion” greco si traduce in latino por “sacramentum”: si tratta di un sacramento della Nuova Alleanza.
Andiamo più in fondo su questa linea di pensiero a partire dall’espressione “una sola carne”: qual è il suo significato? L'espressione “una sola carne” nel suo senso fisico, si riferisce a un fatto biologico comune a tutti gli esseri sessuati: che gli organi maschili e femminili funzionano come un unico organo per svolgere una funzione che nessuno dei due può fare da solo, la generazione di un nuovo essere vivente, simile al padre e alla madre e della stessa specie.
Questo fatto biologico, nell'essere umano acquista un significato molto superiore, in quanto viene integrato nell'unità della persona umana e nella sua relazione con gli altri e con Dio: «Le caratteristiche sessuali dell'uomo e la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori di forme di vita», insegna il Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, n. 51). Si tratta di un significato d'amore, un “significato sponsale” che, al tempo stesso, è un imperativo morale, una “vocazione all'amore”, perché ogni rapporto veramente umano in qualche modo si riassume nell'amore. Questa “vocazione all'amore” si realizza nel matrimonio o nella castità consacrata per il regno dei cieli. (Possiamo anche dire che viene realizzata dalla persona che, senza sposarsi o consacrarsi, vive la castità propria del suo stato di vita e si sforza di rispettare il comandamento di amare Dio e il prossimo).
La differenza-complementarietà tra uomo e donna è il più fondamentale “essere-uno-per-l'altro” che esista a livello di rapporti umani e rende possibile l'amore che chiamiamo sessuale. Negli esseri umani, l’atto sessuale si apre alla procreazione in quanto atto d'amore. L'amore dei genitori si diffonde nell'amore per il figlio che viene procreato. Il matrimonio è l'unico “luogo” esistenziale in cui l'esercizio fisico della sessualità raggiunge la dignità dell'amore, perché è integrato nel dono reciproco di tutta la persona. Giovanni Paolo II dice nella Familiaris Consortio n. 11:
Il “luogo” unico, che rende possibile questa donazione secondo l'intera sua verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l'uomo e la donna accolgono l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio stesso (cfr. Gaudium et Spes, 48), che solo in questa luce manifesta il suo vero significato.
Questo perché negli esseri umani, il fenomeno della differenza-complementarietà tra l'uomo e la donna che noi chiamiamo sessualità, copre tutti i livelli della persona: biologico-corporale, psicologico e spirituale. Quest'ultimo inteso non solo come l'intelligenza e la libertà, ma anche nella sua apertura a Dio. Questa apertura viene ricolmata da Dio stesso con la sua grazia, elevando l'uomo al livello di partecipazione alla stessa vita divina, al livello soprannaturale. I primi tre livelli sono collegati dalla natura umana, che è razionale, capace di conoscenza e amore, la natura della persona umana. Il livello soprannaturale, che dà all’amore la pienezza ultima verso cui tende, è raggiungibile solo con il dono di Dio, e sebbene coinvolge direttamente e in primo luogo il livello spirituale, proprio a causa della sostanziale unità della persona umana, raggiunge anche gli altri livelli. È tutta la persona che rimane unita a Dio per grazia. Ancora una volta citiamo dalla Familiaris Consortio, n.11:
In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano, e il corpo è reso partecipe dell'amore spirituale.
Il sacramento del matrimonio trova la sua spiegazione proprio nell’incrocio tra due realtà che coinvolgono l’intera persona umana: la sessualità e la grazia. Il matrimonio assume un significato e una realtà superiore, soprannaturale, alla luce del “mistero”, cioè della realizzazione del piano eterno di salvezza in Gesù Cristo.
Come il Concilio Vaticano II insegna: «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (Gaudium et Spes, n. 22). Da dove vengono in ultima analisi, la capacità e l’esigenza di amore interpersonale a cui è chiamata la sessualità umana? Ogni vera unione d'amore tra gli esseri umani partecipa dell'amore di Dio, ne è il riflesso “a sua immagine e somiglianza”. Più specificamente, l'unione di amore tra l'uomo e la donna è il modo più “originario”, in cui l'amore di Dio per l'umanità si specchia, amore che trova il suo culmine in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, l'immagine perfetta del Padre.
Gesù Cristo nei Vangeli è presentato come “lo Sposo”, viene a portare alla sua pienezza l'Alleanza tra Dio e l'umanità. Con l'amore ricevuto da Dio in Cristo, la persona riacquista la sua integrità e l’armonia tra tutti i livelli del suo essere, essa stessa diventa “immagine e somiglianza” di Dio. Allo stesso tempo, è in grado di amare veramente gli altri a “immagine e somiglianza” dell'amore di Dio. Questo amore è stato riversato nei cuori dei cristiani con lo Spirito Santo che è stato dato loro (cfr Rm 5,5). E questo perché il matrimonio non è solo l'immagine della comunione Cristo-Chiesa, ma anche della comunione Padre-Figlio nello Spirito Santo. Queste due analogie si deducono la seconda dalla prima: la reciproca donazione di Cristo e della sua Chiesa è l'immagine e la realizzazione, nella storia della salvezza, dell’eterna mutua donazione del Padre e del Figlio. Così dice Giovanni Paolo II, in Mulieris Dignitatem, n. 7:
Essere persona ad immagine e somiglianza di Dio comporta, quindi, anche un esistere in relazione, in rapporto all'altro «io». Ciò prelude alla definitiva auto-rivelazione di Dio uno e trino: unità vivente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
(...)
Dio, che si lascia conoscere dagli uomini per mezzo di Cristo, è unità nella Trinità: è unità nella comunione.
(...)
Il fatto che l'uomo, creato come uomo e donna, sia immagine di Dio non significa solo che ciascuno di loro individualmente è simile a Dio, come essere razionale e libero. Significa anche che l'uomo e la donna, creati come «unità dei due» nella comune umanità, sono chiamati a vivere una comunione d'amore e in tal modo a rispecchiare nel mondo la comunione d'amore che è in Dio, per la quale le tre Persone si amano nell'intimo mistero dell'unica vita divina.
Possiamo dire che quando l'unità dell'uomo e di Dio in Gesù Cristo viene affermata e accettata, allora si afferma anche l'unità tra le varie componenti della persona umana e l'unità delle persone umane tra di loro in rapporti di vero amore. Se si nega l'incarnazione di Cristo, si nega l’unione tra l'umanità e la divinità, e si finisce per negare l'unità psicofisica dell'uomo e l'unione tra gli esseri umani. Non si coglie più il significato umano del biologico, meno ancora il significato soprannaturale della persona umana. Questa disgregazione di significati è, secondo Giovanni Paolo II, il grande errore del pensiero moderno, come si vede nella Lettera alle Famiglie, n. 19:
La separazione nell'uomo tra spirito e corpo ha avuto come conseguenza l'affermarsi della tendenza a trattare il corpo umano non secondo le categorie della sua specifica somiglianza con Dio, ma secondo quelle della sua somiglianza con tutti gli altri corpi presenti in natura, corpi che l'uomo utilizza quale materiale per la sua attività finalizzata alla produzione di beni di consumo. Ma tutti possono immediatamente comprendere come l'applicazione all'uomo di simili criteri nasconda in realtà enormi pericoli. Quando il corpo umano, considerato indipendentemente dallo spirito e dal pensiero, viene utilizzato come materiale alla stregua del corpo degli animali, — è ciò che avviene, ad esempio, nelle manipolazioni sugli embrioni e sui feti — si va incontro inevitabilmente ad una terribile sconfitta etica.
(...)
Per il razionalismo è impensabile che Dio sia il Redentore, tanto meno che sia «lo Sposo , la fonte originaria ed unica dell'amore sponsale umano. Esso interpreta la creazione e il senso dell'esistenza umana in maniera radicalmente diversa. Ma se all'uomo vien meno la prospettiva di un Dio che lo ama e, mediante Cristo, lo chiama a vivere in Lui e con Lui, se alla famiglia non è aperta la possibilità di partecipare al « grande mistero », che cosa rimane se non la sola dimensione temporale della vita? Resta la vita temporale come terreno di lotta per l'esistenza, di ricerca affannosa del profitto, di quello economico prima di tutto.
Il grande sforzo pastorale e culturale della Chiesa nei tempi moderni è la sutura di questo strappo, di questa frammentazione dell’auto-comprensione dell'essere umano. Il Concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale Gaudium et Spes, l'enciclica Humanae Vitae di Papa Paolo VI, le Catechesi sull'amore umano nel piano divino di Giovanni Paolo II, insieme con la produzione monumentale del suo pontificato sul matrimonio e la famiglia, continuata adesso da Benedetto XVI, sono le tappe di questa strada controcorrente a una civiltà che, con logica implacabile, si precipita verso le conclusioni di premesse male impostate e ciecamente mantenute.
Possiamo riassumere così il vangelo del matrimonio, che ora più che mai, la Chiesa deve proclamare:
L'amore tra uomo e donna, fondato sulla mutua differenza-complementarità sessuale, che li fa essere “l’uno-per-l'altro” e li apre alla trasmissione della vita umana, raggiunge il suo degno compimento in pienezza di verità nel matrimonio, che, alla luce del piano di salvezza di Dio, è l'immagine e la partecipazione - nel mondo visibile e sensibile - dell'amore uno, indissolubile e fecondo di Dio per l'umanità, realizzato in pienezza nell'amore tra Cristo e la Chiesa, che è l'immagine e la partecipazione a sua volta dell’amore tra il Padre e il Figlio, lo Spirito Santo, all'interno della Trinità.
Giovanni Paolo II trova il fondamento della natura sacramentale del matrimonio nell’“immagine e somiglianza” con Dio che l'unione tra l’uomo e la donna ha "da principio", cioè nel "piano originale" di Dio .
Il parallelismo che troviamo in Genesi 1,27: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò», rivela che “l'unione dei due” rappresenta la più originaria visibilità dell'amore di Dio (o di Dio che è amore) in questo mondo. Questa idea è riassunta da Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio n. 11:
Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore.
Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d'amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione (cfr. Gaudium et Spes, 12). L'amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano.
L'“unità dei due”, nel secondo capitolo della Genesi è espressa come unione in “una sola carne”. Adamo, dopo aver esaminato gli animali senza trovare in essi un “aiuto simile” a lui (un “aiuto adeguato” traduce Giovanni Paolo II), riconosce nel corpo di Eva la propria umanità, l'immagine di Dio: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa»; (Gen 2,23) e da questo riconoscimento nasce l’unione: «Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24). Il corpo umano sessuato porta "inscritta" (possiamo anche dire "scolpita" o "incisa") nella sua visibilità la chiamata all'amore e alla comunione più intima. Questo è ciò che Giovanni Paolo II chiama il "significato sponsale" del corpo umano.
Gesù Cristo, per esprimere la sua concezione del matrimonio nella sua risposta alla domanda sul divorzio (cf. Mt 19 = Mc 10) si rifà al “principio”: Mosè ha permesso il divorzio, ma “in principio non era così” (Mt 19,8), e collega Gn 1,27 con Gn 2,24: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt 19:4-6).
S. Paolo, raccogliendo l'insegnamento di Cristo, ha in mente Gn 2,23-24 quando esprime ciò che Giovanni Paolo II chiamava la “grande analogia” tra l'unione dell'uomo e la donna in “una sola carne” e l'unione di Cristo e la Chiesa. Nel capitolo 5 della Lettera agli Efesini, sollecitando i mariti cristiani ad amare le loro mogli, presenta come modello l’amore tra Cristo e la sua Chiesa: «Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Grande mistero è questo; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa (Ef 5, 29-32)».
Questa “grande analogia” attraversa tutta la Scrittura. Proviene dalla tradizione profetica e si collega perfettamente con il fatto che “l'unità dei due” in “una sola carne” sia “immagine e somiglianza di Dio” dal punto di vista dell'amore e della comunione. E l'amore e la comunione di Dio con l'umanità, nella Scrittura si chiama “Alleanza”. Alleanza di Dio con il suo popolo, che sarà perfettamente compiuta nell'unione di Cristo con la sua Chiesa, la "Nuova Alleanza".
Il matrimonio, per S. Paolo, è “mistero” riguardante Cristo e la Chiesa, vale a dire, una espressione e partecipazione del piano di salvezza di Dio, nascosto da secoli e nella pienezza dei tempi rivelato e realizzato in Cristo. Il “mystérion” greco si traduce in latino por “sacramentum”: si tratta di un sacramento della Nuova Alleanza.
Andiamo più in fondo su questa linea di pensiero a partire dall’espressione “una sola carne”: qual è il suo significato? L'espressione “una sola carne” nel suo senso fisico, si riferisce a un fatto biologico comune a tutti gli esseri sessuati: che gli organi maschili e femminili funzionano come un unico organo per svolgere una funzione che nessuno dei due può fare da solo, la generazione di un nuovo essere vivente, simile al padre e alla madre e della stessa specie.
Questo fatto biologico, nell'essere umano acquista un significato molto superiore, in quanto viene integrato nell'unità della persona umana e nella sua relazione con gli altri e con Dio: «Le caratteristiche sessuali dell'uomo e la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori di forme di vita», insegna il Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, n. 51). Si tratta di un significato d'amore, un “significato sponsale” che, al tempo stesso, è un imperativo morale, una “vocazione all'amore”, perché ogni rapporto veramente umano in qualche modo si riassume nell'amore. Questa “vocazione all'amore” si realizza nel matrimonio o nella castità consacrata per il regno dei cieli. (Possiamo anche dire che viene realizzata dalla persona che, senza sposarsi o consacrarsi, vive la castità propria del suo stato di vita e si sforza di rispettare il comandamento di amare Dio e il prossimo).
La differenza-complementarietà tra uomo e donna è il più fondamentale “essere-uno-per-l'altro” che esista a livello di rapporti umani e rende possibile l'amore che chiamiamo sessuale. Negli esseri umani, l’atto sessuale si apre alla procreazione in quanto atto d'amore. L'amore dei genitori si diffonde nell'amore per il figlio che viene procreato. Il matrimonio è l'unico “luogo” esistenziale in cui l'esercizio fisico della sessualità raggiunge la dignità dell'amore, perché è integrato nel dono reciproco di tutta la persona. Giovanni Paolo II dice nella Familiaris Consortio n. 11:
Il “luogo” unico, che rende possibile questa donazione secondo l'intera sua verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l'uomo e la donna accolgono l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio stesso (cfr. Gaudium et Spes, 48), che solo in questa luce manifesta il suo vero significato.
Questo perché negli esseri umani, il fenomeno della differenza-complementarietà tra l'uomo e la donna che noi chiamiamo sessualità, copre tutti i livelli della persona: biologico-corporale, psicologico e spirituale. Quest'ultimo inteso non solo come l'intelligenza e la libertà, ma anche nella sua apertura a Dio. Questa apertura viene ricolmata da Dio stesso con la sua grazia, elevando l'uomo al livello di partecipazione alla stessa vita divina, al livello soprannaturale. I primi tre livelli sono collegati dalla natura umana, che è razionale, capace di conoscenza e amore, la natura della persona umana. Il livello soprannaturale, che dà all’amore la pienezza ultima verso cui tende, è raggiungibile solo con il dono di Dio, e sebbene coinvolge direttamente e in primo luogo il livello spirituale, proprio a causa della sostanziale unità della persona umana, raggiunge anche gli altri livelli. È tutta la persona che rimane unita a Dio per grazia. Ancora una volta citiamo dalla Familiaris Consortio, n.11:
In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano, e il corpo è reso partecipe dell'amore spirituale.
Il sacramento del matrimonio trova la sua spiegazione proprio nell’incrocio tra due realtà che coinvolgono l’intera persona umana: la sessualità e la grazia. Il matrimonio assume un significato e una realtà superiore, soprannaturale, alla luce del “mistero”, cioè della realizzazione del piano eterno di salvezza in Gesù Cristo.
Come il Concilio Vaticano II insegna: «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (Gaudium et Spes, n. 22). Da dove vengono in ultima analisi, la capacità e l’esigenza di amore interpersonale a cui è chiamata la sessualità umana? Ogni vera unione d'amore tra gli esseri umani partecipa dell'amore di Dio, ne è il riflesso “a sua immagine e somiglianza”. Più specificamente, l'unione di amore tra l'uomo e la donna è il modo più “originario”, in cui l'amore di Dio per l'umanità si specchia, amore che trova il suo culmine in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, l'immagine perfetta del Padre.
Gesù Cristo nei Vangeli è presentato come “lo Sposo”, viene a portare alla sua pienezza l'Alleanza tra Dio e l'umanità. Con l'amore ricevuto da Dio in Cristo, la persona riacquista la sua integrità e l’armonia tra tutti i livelli del suo essere, essa stessa diventa “immagine e somiglianza” di Dio. Allo stesso tempo, è in grado di amare veramente gli altri a “immagine e somiglianza” dell'amore di Dio. Questo amore è stato riversato nei cuori dei cristiani con lo Spirito Santo che è stato dato loro (cfr Rm 5,5). E questo perché il matrimonio non è solo l'immagine della comunione Cristo-Chiesa, ma anche della comunione Padre-Figlio nello Spirito Santo. Queste due analogie si deducono la seconda dalla prima: la reciproca donazione di Cristo e della sua Chiesa è l'immagine e la realizzazione, nella storia della salvezza, dell’eterna mutua donazione del Padre e del Figlio. Così dice Giovanni Paolo II, in Mulieris Dignitatem, n. 7:
Essere persona ad immagine e somiglianza di Dio comporta, quindi, anche un esistere in relazione, in rapporto all'altro «io». Ciò prelude alla definitiva auto-rivelazione di Dio uno e trino: unità vivente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
(...)
Dio, che si lascia conoscere dagli uomini per mezzo di Cristo, è unità nella Trinità: è unità nella comunione.
(...)
Il fatto che l'uomo, creato come uomo e donna, sia immagine di Dio non significa solo che ciascuno di loro individualmente è simile a Dio, come essere razionale e libero. Significa anche che l'uomo e la donna, creati come «unità dei due» nella comune umanità, sono chiamati a vivere una comunione d'amore e in tal modo a rispecchiare nel mondo la comunione d'amore che è in Dio, per la quale le tre Persone si amano nell'intimo mistero dell'unica vita divina.
Possiamo dire che quando l'unità dell'uomo e di Dio in Gesù Cristo viene affermata e accettata, allora si afferma anche l'unità tra le varie componenti della persona umana e l'unità delle persone umane tra di loro in rapporti di vero amore. Se si nega l'incarnazione di Cristo, si nega l’unione tra l'umanità e la divinità, e si finisce per negare l'unità psicofisica dell'uomo e l'unione tra gli esseri umani. Non si coglie più il significato umano del biologico, meno ancora il significato soprannaturale della persona umana. Questa disgregazione di significati è, secondo Giovanni Paolo II, il grande errore del pensiero moderno, come si vede nella Lettera alle Famiglie, n. 19:
La separazione nell'uomo tra spirito e corpo ha avuto come conseguenza l'affermarsi della tendenza a trattare il corpo umano non secondo le categorie della sua specifica somiglianza con Dio, ma secondo quelle della sua somiglianza con tutti gli altri corpi presenti in natura, corpi che l'uomo utilizza quale materiale per la sua attività finalizzata alla produzione di beni di consumo. Ma tutti possono immediatamente comprendere come l'applicazione all'uomo di simili criteri nasconda in realtà enormi pericoli. Quando il corpo umano, considerato indipendentemente dallo spirito e dal pensiero, viene utilizzato come materiale alla stregua del corpo degli animali, — è ciò che avviene, ad esempio, nelle manipolazioni sugli embrioni e sui feti — si va incontro inevitabilmente ad una terribile sconfitta etica.
(...)
Per il razionalismo è impensabile che Dio sia il Redentore, tanto meno che sia «lo Sposo , la fonte originaria ed unica dell'amore sponsale umano. Esso interpreta la creazione e il senso dell'esistenza umana in maniera radicalmente diversa. Ma se all'uomo vien meno la prospettiva di un Dio che lo ama e, mediante Cristo, lo chiama a vivere in Lui e con Lui, se alla famiglia non è aperta la possibilità di partecipare al « grande mistero », che cosa rimane se non la sola dimensione temporale della vita? Resta la vita temporale come terreno di lotta per l'esistenza, di ricerca affannosa del profitto, di quello economico prima di tutto.
Il grande sforzo pastorale e culturale della Chiesa nei tempi moderni è la sutura di questo strappo, di questa frammentazione dell’auto-comprensione dell'essere umano. Il Concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale Gaudium et Spes, l'enciclica Humanae Vitae di Papa Paolo VI, le Catechesi sull'amore umano nel piano divino di Giovanni Paolo II, insieme con la produzione monumentale del suo pontificato sul matrimonio e la famiglia, continuata adesso da Benedetto XVI, sono le tappe di questa strada controcorrente a una civiltà che, con logica implacabile, si precipita verso le conclusioni di premesse male impostate e ciecamente mantenute.
Possiamo riassumere così il vangelo del matrimonio, che ora più che mai, la Chiesa deve pro