La speranza di un’economia dal volto umano

“Ogni crisi della vita umana è anche una grande opportunità di ripensare, di ristrutturare, di guardare con più precisione la direzione verso la quale si vuole camminare”. Con queste parole Padre Pedro Barrajón, L.C., Rettore dell´Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha aperto a Roma il congresso internazionale “Il futuro del capitalismo in Europa”, organizzato da Aises (Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale), in collaborazione con lo stesso ateneo e con l’Università Europea di Roma.

Per parlare dell’attuale crisi economica, il Rettore ha preso spunto dal Concilio Vaticano II: “La finalità fondamentale della produzione non è il mero incremento dei prodotti, né il beneficio né il potere, ma il servizio dell’uomo, dell’uomo integrale, tenendo presente i suoi bisogni materiali e le sue esigenze intellettuali, morali, spirituali e religiose; di ogni uomo, di ogni gruppo umano senza distinzioni di razza  o continente (Gaudium et Spes, n. 64)”.


Secondo Padre Pedro Barrajon “la grande crisi finanziaria ha messo di evidenza il bisogno di ripensare il tutto e di tornare all’essenziale”.
“La crisi – ha spiegato il Rettore - rappresenta un pericolo. Ma è anche ciò che in teologia si chiama ´kairòs´: un tempo opportuno, propizio, in cui l’uomo e la società possano essere capaci di creare qualcosa di nuovo, di correggere la rotta e cominciare ad andare per la strada giusta.

Per guardare il futuro bisogna essere uomini coraggiosi. Guardare il futuro con speranza e fiducia in momenti di crisi, quando la realtà non è quella ottimale, è un atteggiamento proprio di spiriti magnanimi, lungimiranti. Gli antichi dicevano che la speranza che guarda il futuro con fiducia è propria di chi ha uno spirito giovanile, di chi accetta la sfida malgrado le paure e le sconfitte parziali”.


Il Rettore ha evidenziato che la Chiesa, con la sua ricca dottrina sociale, “può essere un prezioso riferimento di ordine etico e di rispetto all’essere integrale della persona umana”.
E’ perciò quanto mai urgente costruire “un’antropologia economica” perché l’economia, essendo una scienza umana, non può diventare solo “scienza” dimenticando che è umana, che è al servizio dell’uomo, che è fatta da uomini e destinata ad essi. “L’antropologia che sostiene l’economia – ha detto il Rettore - non deve essere un intralcio per un’economia seria e rigorosa. Deve piuttosto orientare la ricerca nella direzione giusta che è quella del bene della persona e del bene comune”.


In un discorso recente Papa Benedetto XVI ha affermato che “la crisi finanziaria ed economica che ha colpito i Paesi industrializzati, quelli emergenti e quelli in via di sviluppo, mostra in modo evidente come siano da ripensare certi paradigmi economico-finanziari che sono stati dominanti negli ultimi anni (13 giugno 2009).
Il ripensamento implica un esame di coscienza da parte di tutti gli operatori nella vita economica, soprattutto in quella finanziaria, in cui chiedersi: “come mai si è arrivati a questa disastrosa situazione, dopo un decennio in cui si sono moltiplicati i discorsi sull’etica degli affari e della finanza e in cui si è diffusa l’adozione di codici etici?” (Nota della Santa Sede su Finanza e Sviluppo, Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, 18 novembre 2008, n. 3).

“Sappiamo bene – ha detto il Rettore - che l’etica impegna non solo l’intelligenza, ma in un modo forse ancora più forte del mero capire, la volontà di fare il bene. La domanda, forse, non è solo se abbiamo capito il meccanismo dei mercati finanziari a scala mondiale, ma se veramente vogliamo fare un’economia dal volto umano e non dal volto della ricerca disperata del proprio interesse. Dobbiamo chiederci se vogliamo fare dell’impresa non solo una “società di capitali” ma anche e soprattutto una “società di persone” (Centesimus Annus, n. 43).

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