Marcela Lombard – SANI DINAMISMI DI FAMIGLIA IN COMUNITÀ

Abbiamo parlato delle difficoltà che si possono verificare nelle comunità dove non ci sono dinamiche relazionali sane, partendo dall’immaturità affettiva che a volte vivono alcuni membri della comunità. Come fare per far diventare la nostra comunità una vera famiglia, dove l’affetto verso le consorelle sia equilibrato e soprattutto centrato in Dio.

    

Premetto che non esiste la comunità perfetta, i problemi fanno parte della vita, ma dipende dall’atteggiamento di ognuna superare le difficoltà, e non attendere che ci sia una soluzione miracolosa o magica. Siamo persone libere che possiamo scegliere il modo migliore per gestire i nostri affetti e le relazioni con le nostre consorelle.

û   Universalità: Trattare tutte nello stesso modo, adeguandosi al bisogno di ognuna, accettandola nella sua totalità, senza creare distinzioni nelle relazioni con le consorelle. Non riguarda soltanto le azioni esterne di aiuto o servizio nella carità, ma deve sorgere da un atteggiamento di carità che parte dal cuore, accettando e amando l’altra così com’è. Chi è matura affettivamente si trova bene con tutte, senza lasciarsi condizionare dalla simpatie o antipatie naturali.

û   Spirito di sevizio: Saper servire gli altri, dimenticandosi di se stessi, offrendo la propria disponibilità. Prestare attenzione alle necessità delle consorelle per risolverle, offrirsi disinteressatamente ad aiutarle, dedicare loro tempo e affetto. L’apostolato più importante è quello che svolgiamo verso le nostre consorelle, sono il prossimo più vicino che abbiamo.

û   Conoscersi: Sapere quali sono i momenti in cui non siamo in grado di dominare le nostre reazioni per evitare di risolvere in quel momento problemi o affrontare situazioni difficili. Riconoscere quali sono le situazioni e le persone che possono farci “perdere la testa” per evitarle o meglio ancora per prepararsi ad affrontarle con la grazia e l’amore di Dio, cercando il bene dell’altra, della missione, più che lasciarsi trascinare dal proprio sentimento.

û   Identificare i propri affetti: Riconoscere dove si trova il proprio cuore, s’è attaccato a una consorella, a una superiora... riflettere se si cerca soltanto la propria soddisfazione affettiva nel relazionarsi con una persona. Richiede molta sincerità e coraggio, poiché implica distacco, purificazione del cuore e delle relazioni personali, ma è il modo come possiamo indirizzare il nostro cuore a Dio. Evidentemente non vuol dire non amare le altre, ma farlo nel modo giusto, con l’intenzione adeguata.

û   Dialogare: Saper conversare, mettersi d’accordo sui diversi argomenti e impegni da portare avanti. Implica ascoltare cercando di capire il punto di vista altrui, tralasciando la propria opinione, aprendosi alle cose buone che le altre possono proporre arricchendo il proprio servizio e la propria persona; saper cedere, ricordando che non sempre si ha ragione, le cose possono essere viste da diverse prospettive tutte valide.

û   Collaborare: Nel portare avanti i progetti, gli impegni della propria comunità far proprie le responsabilità di tutte, non centrarsi soltanto in quel piccolo “ranch” che tocca a “me”, ma far mio anche quello che fa la mia sorella e appoggiarla, sia con la preghiera, con il materiale, con il tempo... allargare il cuore perché la missione non si riduca al mio lavoro, ma è quella di tutte, e pertanto tocca pure a me.

û   Bontà e compassione: Il modo di trattare le altre parte da un cuore buono, compassionevole che riconosce e scopre la debolezza dell’altra, non per deriderla o disprezzarla, ma per amarla come Gesù ci ama, precisamente per la nostra miseria, fino a dare la vita per noi.

û   Apertura alla conoscenza dell’altra: Interessarsi sinceramente per conoscere ed accettare l’altra così com’è, senza aspettative false, senza pregiudizi e predisposizioni o etichette. Comprenderla, accoglierla, parlare sulle cose che piacciono a lei e quelle che dispiacciono, le abitudini della sua famiglia, il suo percorso nella vita religiosa... tutto quello che può essere utile per apprezzare la mia consorella.

û   Parlare bene: Questo va molto oltre al semplice non parlare male. Essere in grado di riconoscere e ponderare le qualità delle nostre consorelle, ma per questo devo prima conoscerle ed apprezzarle. Difenderle, prima davanti a me stessa, e poi davanti a chiunque – anche le stesse consorelle – avere il coraggio di non collaborare nelle critiche e meglio ancora di difendere la consorella. Ricordare che se una viene criticata, io vengo criticata, poiché siamo membri della stessa famiglia, specialmente davanti alle persone estranee, alla comunità, e non permettere mai che parlino male di una consorella.

û   Umiltà: Chiedere scusa ogni volta che abbiamo risposto male, mancato, disturbato le altre. Ricordare che non si è perfetti e che si può sbagliare, ma è peggio il doppio errore di mantenere un atteggiamento orgoglioso.

û   Saper perdonare: Se qualcuna chiede scusa o ci offende – oggettiva o soggettivamente – perdonare, dimenticare, lasciare a Dio il giudizio sull’intenzione di quella persona, non assumere un ruolo che non corrisponde. Evitare di covare il rancore, di legarsi a risentimenti che tolgono la libertà e ci fanno vivere attaccatti affettivamente a chi ci ha fatto male, invece di a Dio.

û   Pregare per le altre: Avere un ricordo costante delle nostre consorelle nella preghiera, chiedendo a Dio che gli conceda le grazie di cui più ne hanno bisogno, che mi insegni ad amarle come Lui le ama.

Marcela Lombard

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