Michela Pensavalli – CHI È IL DIPENDENTE AFFETTIVO?

Il dipendente dedica completamente tutto sé stesso all’altro. I dipendenti affettivi, nell’amore vedono la risoluzione dei propri problemi, che spesso hanno origini profonde quali "vuoti affettivi" dell'infanzia. L’altro/a significativi assumono il ruolo di un salvatore, diventano lo scopo della loro esistenza, la loro assenza anche temporanea da la sensazione al soggetto di non esistere.

Chi è affetto da tale tipo di dipendenza si identifica con la persona amata. La caratteristica che accomuna tutti i rapporti dei dipendenti da amore è la paura di cambiare. Pieni di timore per ogni cambiamento, essi impediscono lo sviluppo delle capacità individuali e soffocano ogni desiderio e ogni interesse. I dipendenti affettivi sono ossessionati da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche e ritengono che occupandosi sempre dell'altro la loro relazione diventi stabile e durataura.

Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere ed a beneficiare dell'amore nella sua profondità ed intimità e, a causa della paura dell’abbandono, della separazione, della solitudine, si tende a negare i propri desideri e bisogni.

                  

Dipendenza affettiva (Love Adiction)

Quando un rapporto affettivo diventa un “legame che stringe” o, ancor peggio, “dolorosa ossessione” in cui si altera stabilmente quel necessario equilibrio tra il “dare” e il “ricevere”, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”, un disagio psicologico che è in grado di vivere nascosto nell’ombra anche per l’intera vita di una persona, ponendosi tuttavia come la radice di un costante dolore e alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali.

Sintomatologia:

—  Paura di perdere l’amore

—  Paura dell’abbandono, della separazione

—  Paura della solitudine e della distanza

—  Paura di mostrarsi per quello che si è

—  Senso di colpa

—  Senso d'inferiorità nei confronti del partner

—  Rancore e Rabbia

—  Coinvolgimento totale e vita sociale limitata

—  Gelosia e possessività

—  Ansia generalizzta

—  Depressione

—  Insonnia

—  Inappetenza

—  Malinconia

—  Idee ossessive

Caratteristiche specifiche della dipendenza dall’altro

—  Ebrezza: il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione con l’altro che gli è indispensabile per stare bene.

—  Dose: il soggetto affettivamente dipendente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner e la sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e concrete. L’aumento di questa “dose”non di rado esclude le due persone dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca la coppia di diepndente e co dipendente si alimenta di se stessa. L’unica cosa importante è il tempo trascorso con l’altro perché è la prova della propria esistenza, senza di lui non si esiste, diventa inimmaginabile pensare la propria vita senza l'altro.

—  Bassa Autostima: sentimenti di vergogna e di rimorso

—  Paura: ossessiva e fobica di perdere la persona amata, che si alimenta a dismisura ad ogni piccolo segnale negativo che si percepisce. A volte basta rimanere inaspettatamente soli o non ricevere una telefonata per avere paura di un abbandono definitivo.

Il motivo per cui esiste una grande differenza nella tendenza della dipendenza affettiva a manifestarsi più nelle donne che negli uomini è l’esistenza di un diverso funzionamento psichico tra i due sessi e, in particolare, la presenza di una tendenza degli uomini a reagire diversamente ai traumi subiti rispetto alle donne.

Più precisamente, tra gli uomini è più comune la tendenza ad allontanare dalla mente il dolore delle violenze, carenze o prevaricazioni subite attraverso meccanismi di identificazione con l’attore di queste mancanze o aggressioni, un funzionamento che comporta l’assunzione del ruolo precedentemente subito o la manifestazione del bisogno di una “dipendenza”, che non è stata sperimentata positivamente nelle relazioni affettive, attraverso l’abuso di sostanze.

Nelle donne, invece, si tende generalmente a rivivere ciò che si è subito, riproducendo le carenze o le violenze, nel tentativo illusorio di controllarle e di riscattarsi dal passato.

Storie…

Devo sempre chiedere se è d’accordo con me, con le mie scelte. Spesso arrivo ad un punto, ma se lei mi da altri spunti, essendo anche il mio riferimento spirituale, io mi adeguo. Spero così di essere vista, forse in qualche modo amata da lei. È come se così lei non potesse avere niente da ridire e io finalmente mi avvicino alla perfezione, alla “santità”. Io sento come se fra me e lei, ci fosse un rapporto speciale, quasi esclusivo e spesso questo mi porta ad avere sentimenti contrastanti nei confronti delle mie consorelle, come se fossero rivali. Ogni traguardo che raggiungo, svanisce poco dopo e sembra così che non mi basti mai; perché ad ogni conferma mi rendo conto che segue subito il desiderio della successiva”.

 

“Cambiare apostolato è stato per me un vero e proprio trauma, mi sono sentita sola e completamente destabilizzata. Fino a che svolgevo il mio lavoro con B., niente era impossibile. Lei era un guida e un conforto, e io mi sentivo capace di affrontare anche le ipotetiche difficoltà, che ripeto, con lei, comunque non vedevo. Adesso sono nel più completo sconforto: non so come muovermi, non vorrei più fare niente, mi sento inadeguata e nello stesso tempo arrabbiata per trovarmi in questo stato da cui non so come uscirne. Il male non è stato appoggiarmi ad una consorella e condividere con lei il mio percorso, il male io lo vedo solo nell’averci dovuto rinunciare”.

 

“La madre maestra era per me il punto di riferimento più importante. Io sentivo incessantemente e continuamente il desiderio di chiamarla e di parlarle. Più io la cercavo e più lei si negava anche perché sempre molto impegnata. E poi mi diceva di dovere imparare a stare da sola e scegliere da sola per le mie cose. Ma solo ora mi rendo conto che la sensazione più forte era quella che senza di lei io non esistevo. Era come se io non ci fossi più. Era la madre che non avevo mai avuto ed io anelavo al suo amore, solo questo per me contava!”

Michela Pensavalli

 

 

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