P. Carlos Palmes S.J. – LE CINQUE PIAGHE

La vera soluzione dei problemi dello Iuniorato è assicurare quegli aspetti imprescindibili senza i quali la formazione sarebbe incompleta e non soddisfacente. Vi è un adagio filosofico latino la cui verità è comprovata dall’esperienza di ogni giorno: "Bonum ex integra causa, malum ex quocumque deffectu" (Una cosa è buona quando tutti i suoi componenti sono buoni e basta che manchi uno di loro perchè divenga cattiva). Un ponte di sette archi è transitabile quando tutti sono integri. Però basta che se ne rompa uno perchè il ponte divenga inservibile. Lo Iuniorato è soddisfacente se funzionano bene i sette aspetti che adesso indicheremo. Però se ne manca uno, può crollare tutto.

1.L’esperienza di Dio. Si richiede di continuare il processo iniziato nel noviziato perchè il (la) giovane si centri ogni volta di più nella sua vita di sequela di Cristo. La vita di orazione deve avere la serietà e la consistenza necessarie per portare a una crescita visibile nella fede e nell’amore. Non è una orazione superficiale "di uccelletto" che sbeccuccia quì e lá, ma una "orazione di mucca" che rumina lentamente e accresce membra robuste. La orazione non può essere un atto che si deve compiere, basato solo sullo sforzo e sugli esercizi pietosi. Deve essere la fonte che dona senso a tutto il resto. Deve condurre a un contatto personale con il Signore, a un dialogo di amore che mi confronti con il Vangelo e che trasformi la mia vita.

Nello Iuniorato è tipica la orazione "incarnata" nella realtà della vita, nella realtà sociale e nella propria persona. Nè spiritualismo disincarnato, nè pragmatismo secolare. Oltre alla orazione personale quotidiana, vi è da assicurare l’Eucaristia quotidiana, la orazione comunitaria periodica, i rititi mensili e annuali. Con un accompagnamento spirituale del quale parleremo dopo.

2.La vita comunitaria. Nel noviziato generalmente si è iniziato un nuovo stile di vita comunitaria centrato, non nella "osservanza regolare", ma nelle relazioni personali di "amicizia nel Signore". Tale è uno stile molto vicino, in un ambiente di libertà e confidenza. Ed è una esperienza di iniziazione, come un "aperitivo" che invita a vivere sempre in una relazione profonda di amicizia con i compagni(gne), che fa sentire la gioia della convivenza fraterna. Perchè sbocchi in amicizie durature, si richiede che tale esperienza sia prolungata. Lo Iuniorato è il momento privilegiato per tener desto questo vissuto, durante vari anni tra compagni (gne) della stessa età, allo stesso tempo anche con coloro che sono di altre generazioni. Questa vita comunitaria produce una profonda soddisfazione affettiva, che aiuta grandemente alla stabilità vocazionale dei giovani e alla paolina trasformazione del resto delle comunità della Provincia.

3.Gli studi. Sono ciò che deve occupare la maggior parte del tempo e delle energie dello Iuniorato, e devono essere rispettati da tutta la Provincia e dagli stessi giovani. Ogni volta si sente sempre più la necessità di realizzare due classi di studio: le teologiche e le professionali. Per tutti si richiedono studi sistematici di teologia o di Scienze religiose, per conferire solidità e profondità al vissuto della propria vocazione, come al fine di prepararsi all’apostolato. Non basta una formazione teologica basata su corsi sconnessi. Si richiede una visione di e per dare a ciascuna realtà la debita proporzione e il suo luogo corrispondente. Bibbia e teologia convertite in vita, in spiritualità, soprattutto mediante la orazione personale. Gli altri studi di tipo professionale, pare meglio siano fatti dopo quelli teologici, per giungere a una migliore integrazione, al fine di essere un(a) Religioso(a) professionale e non un(a) Professionale religioso.

 

Il tema è molto serio e non si possono dare soluzioni semplicistiche, come dire: che mettano maggior impegno, che si organizzino meglio per non mancare agli atti comuni, perchè partecipino ai lavori domestici come gli altri. E altre aggiunte: “Nel nostro tempo pure noi studiavamo ed eravamo capaci di portare tutto avanti”.

 

Credo che questo modo di ragionare non sia coretto. Il fatto è che il tempo di studi crea crisi vocazionali in molti giovani e che se ne vanno in molti, ciò indica che questo non è solo un problema personale, ma soprattutto, istituzionale.

Studi professionali. In accordo con il Carisma di ogni Istituto, sará necessario prepararsi mediante studi adeguati, al lavoro apostolico specifico. Non si può improvvisare in questo campo e sarà conveniente conseguire i titoli corrispondenti, non per inorgoglirsi o per migliorare la porpria immagine, ma per offrire un miglior servizio ai fratelli. Loro lo meritano e ne necessitano.

Come affrontare questo problema?

 

In primo luogo bisogna fare più selezione di vocazioni. Non cercare tanto il numero, ma la qualità. Vi sono alcuni che entrano con una doppia intenzione: seguire Cristo e svolgere una professione. Ciò è legittimo, quando la seconda intenzione è al fine di svolgere meglio l’apostolato. Senza dubbio, se si raffredda la fede, è la seconda intenzione quella che prevale.

 

Si sta facendo uno studio profondo sulla Vita Religiosa (La V.R. passione o disincanto?” Equipo ILAMIS, pvr). E vi è un dato curioso a p. 58: il 49% dei religiosi/se e il 48% dei laici intervistati hanno studi universitari, mentre per gli ex religiosi/se la percentuale è del 74%...

 

Così si richiede una vita di maggior austerità nella maggior parte degli Istituti, un uso meno indiscriminato della TV, di Internet e del telefono cellulare. Al Congresso tenutosi a Roma (2004) li si è denominati, nemici della vita comunitaria…e di un lavoro serio.

 

Allora bisogna revisionare il tempo che diamo a ogni cosa e avere molto chiara la scala di valori che dobbiamo seguire. E innanzi a tutte le cose, l’ora più importante del giorno deve essere quella della orazione personale. Essa è quella che ci fa crescere nella fede e nell’amore. E questo è innegabile. Poi viene tutto il resto.

 

Allora bisogna dare temo allo studio? Non lo so, ma le cose non possono continuare così. Penso che dovremo riflettere insieme: superiori, formatori e giovani, per giungere alla via da seguire. Probabilmente si dovrà cambiare qualcosa. Ho visto che in alcuni casi si è aggiunto un anno allo iuniorato al fine di far seguire meno materie ogni anno e poter così avere il tempo di curare la formazione e nel contempo non tralasciare il vissuto spirituale della vita fraterna.

 

4. La Missione evangelizzatrice. Durante lo Juniorato, l’apostolato si deve considerare come una parte essenziale della formazione, un apostolato serio, però limitato. Non è semplicemente un passaggio dei giovani protesi verso il futuro. Questo sarebbe come considerare le persone dei "coniglietti d’India ". Si tratta di un apostolato impegnato nel quale si cerca la crescita nella fede dei fratelli. Tale è il momento in cui mostrare l’autenticità della opzione per i poveri. Ed è importante che questi primi anni siano accompoagnati da qualuno che abbia esperienza pastorale, mediante orientamenti e valutazioni comunitarie e personali.

Anche quí entra in gioco il tema dell’ubicazione della casa di formazione. L’ideale sarebbe quello che sia inserita in mezzo alla popolazione, al fine di poter ricevere la continua provocazione dei poveri e per attuare una evangelizzazione reciproca. O al meno sporadicamente, si dovrebbe fare in modo di recarsi da loro i fine settimana o in altre occasioni. Nessuno può supplire il contatto con loro, lo stesso vale per la contemplazione di Cristo povero.

5. Integrazione. Questa parola assume un certo rilievo, specialmente nello Juniorato. L’integrazione deve realizzarsi durante tutta la formazione, però nello Juniorato trova una speciale difficoltà. I quattro aspetti indicati -esperienza di Dio, comunità, studi e missione - sono essenziali e non è lecito enfatizzarne tanto uno, a scapito degli altri. Vi è tempo per tutto se si pianifica bene, con un progetto personale e comunitario. Chiaro che ci saranno momenti nei quali una cosa si sovrapporrà all’altra e produrrà un sentimento di insoddisfazione. Però bisogna guardare di più all’insieme e vedere se si sta camminando per la strada tracciata.

Per questo, si richiederà un piano e un orario -flessibile- dove si dona spazio a tutto, però l’importante è l’attitudine a dare a ogni cosa la sua debita importanza, interiorizzarla, assumerla come parte integrante della formazione, senza lasciarsi assorbire da nessuna di esse in detrimento alle altre, nemmeno per attività "extra" che sono fuori programma.

6. Accompagnamento spirituale. Oggi l’accompagnamento spirituale è tornato imprescindibile. A ragione l’esortazione VC (66) lo chiama "il principale strumento" per la formazione personale. E molto più nello Juniorato, in cui si tratta di incarnare nella vita reale i principi assimilati nel noviziato. Lo junior(a) sperimenta molte novità e sorprese che esigono risposte nuove dalla sua vocazione. E questo esige, a sua volta, di discernere in ogni occasione, la via di Dio. Senza un accmpagnatore esperto è facile smarrirsi o perdersi nella mediocrità o vivere in un dubbio continuo.

Dando gli Esercizi, si nota molto la differenza tra i (le) giovani che portano avanti un accompagnamento serio e coloro che non lo hanno o lo seguono per obbligo e non come un mezzo di crescita e trasformazione. Nello Juniorato si deve avere libertà per scegliere l’accompagnatore spirituale, però è buono esigere che sia una persona sperimentata e prudente, che vive ciò che predica, comprensiva ed esigente, conoscitrice del Carisma. I primi anni dello Juniorato si richiede maggior frequenza e in tutti i casi è indispensabile la periodicità.

7.La persona incaricata dello Juniorato. Tale incarico esige una attenzione prioritaria. Deve seguire da vicino il processo di ogni uno(a) dei juniores. Per questo, oltre ad essere una persona preparata nei diversi campi, si richiede che sia vicina, amichevole, che si conquisti facilmente la confidenza dei (delle) giovani. La formazione fondamentale si da nell’interiorità delle persone. Non è tanto importante formare abiti disciplinari e comportamenti esterni, ma aiutare ad aquisire criteri e attitudini evangeliche, una affettività equilibrata, libertà di spirito, maturità umana e cristiana. Non è raro incontrare Religiosi/se che si distinguono per le loro doti e preparazione, che godono della fiducia dei superiori, però che sono distanti dai giovani e non riescono a conquistarsi la loro fiducia. Per questo è raccomandabile che prima di nominare la persona incaricata dello Juniorato, si tenga presente l’opinione degli (delle) juniores.

P. Carlos Palmes S.J.

 

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