P. Luis Alfonso Orozco L.C. – COME COLTIVARE LA VIRTÙ DELLA DISCREZIONE

L’autodominio è alla base della discrezione. Si esercita anche e soprattutto, nei momenti di difficoltà personale per non comunicare i propri problemi a terze persone, che non hanno il diritto di saperle e nemmeno possono risolverle. È chiaro, ad esempio, che i propri peccati soltanto vanno detti al sacerdote in confessione per ricevere il perdono sacramentale e ritrovare la pace del cuore. Quando vediamo cose che sono male in comunità, non serve divulgarle tra i compagni e neanche darsi alle critiche che sono più pericolose, perché possono distruggere l’unità. I problemi, i conflitti, gli errori degli altri vanno trattati unicamente con quelle persone che sono state designate da Dio come suoi rappresentanti –il superiore, il direttore spirituale, il confessore—per aiutare le anime nell’arduo cammino della perfezione e santificazione. Chi vuole veramente fare il bene al prossimo e progredire nella santità trova nella pratica della discrezione e autodominio un mezzo validissimo.

         L’autodominio o controllo di sé si forma con la disciplina. Ecco come la spiega un esperto sul tema: “La disciplina è un elemento fondamentale dell'esistenza umana. E' un imperativo antropologico, una cosa che non si può semplicemente eliminare, senza gravi pregiudizi per l'essere umano. Per realizzare obiettivi, indipendentemente dalla motivazione originaria, è indispensabile lo sforzo personale, una vita regolata dalla disciplina. La mortificazione, in senso ampio, è questo: la lotta contro tutto ciò che impedisce di arrivare a un ideale, che ostacola il raggiungimento di una meta. Per questo, la mortificazione è parte integrante dell'educazione umana” (Cf. P. José Roberto Palau, intervista in Zenit.org -Z1081016, del 16 ottobre 2008).

Gesù ci ha comandato di essere “prudenti come il serpente e semplici come la colomba”, e quindi discreti davanti a terze persone ai quali, per semplice giustizia, non compete conoscere determinate cose o informazioni personali o sulla comunità. Bisogna per tanto essere precisi, misurati nelle parole e giudizi per saper rispondere alle loro domande. Per esempio, riguardo alle costituzioni e norme dell’Istituto, gli scritti del fondatore o fondatrice; le istruzioni e notizie interne sui quali si deve osservare la necessaria prudenza e discrezione, ben consapevoli del bene o del male che si può causare, se nelle nostre parole e condotta non siamo discreti e prudenti.

Una parola sul ruolo del superiore e formatore nella vita consacrata

Il superiore di comunità non è soltanto l’amministratore o mero “punto di riferimento”; ma lei o lui è anche il padre o madre spirituale dei suoi confratelli o consorelle, perché ha ricevuto quell’incarico per aiutarli con l’esempio di vita e con la parola opportuna, avvallandosi sulle proprie Regole e Costituzioni. È loro guida con un’autorità datagli da Dio a cui non è lecito venir meno o rinunciare.

Anche se come essere umano si sa debole, limitato e carico della croce dei propri difetti, la tradizione cristiana ci insegna che Dio aiuta in modo particolare la persona del superiore di comunità con una grazia chiamata grazia di stato, e cioè quell’aiuto puntuale della grazia di Dio perché sappia compiere il proprio dovere nel Suo nome. Con grandissima carità e discrezione la superiora o superiore sta lì per agire opportuna o inopportunamente per salvaguardare lo spirito, la disciplina e il bene morale di ognuno dei membri. Il carisma e la mente del fondatore o fondatrice sono il punto sicuro di riferimento.

“Vivere con semplicità e pensare con grandezza di spirito.” (William Wordsworth)

P. Luis Alfonso Orozco L.C.

Hai bisogno di informazioni?

Contattaci