P. Luis Alfonso Orozco L.C. – IMPORTANZA DELLA VIRTÙ DELLA PRUDENZA

 

Nel vangelo (Mt 10,16) Gesù ci raccomanda di essere “prudenti come serpenti e semplici come colombe”. Perché siamo corpo e anima, dobbiamo vigilare il nostro corpo con la prudenza del serpente, che non si mette nei guai e li evita quanto è possibile. È della massima importanza saper regolare le nostre passioni, l’uso dei sensi, del mangiare, del parlare, ecc. Proprio di una persona prudente che tiene a bada se stessa. Una volta assistei a una concelebrazione eucaristica col Cardinale Angelo Sodano, a Roma nel 2001, allora Segretario di Stato Vaticano. Nell’omelia il cardinale parlò proprio dell’importanza di questa virtù. Ecco alcune delle sue riflessioni:

La tradizione cristiana ha parlato molto a tale riguardo della virtù della prudenza quale virtù tipica di chi deve guidare il popolo di Dio. “Nei giorni scorsi ero con il Santo Padre in Ucraina e vedevo che nelle celebrazioni pontificali il Card. Husar, I'Arcivescovo Maggiore di Leopoli degli ucraini, usava il tipico pastorale dei Vescovi orientali, recante al vertice l’immagine di due serpenti. Già sapevo dal Vangelo che Gesù aveva detto ai suoi apostoli di essere “prudenti come serpenti”. Sul pastorale notavo però che i serpenti erano due. Ne chiesi il motivo e mi fu giustamente risposto che un Pastore deve essere due volte prudente, più che i semplici fedeli”.

Certo il governo pastorale non esige solo prudenza, ma esige anche tutte le altre virtù cristiane. S. Tommaso d’Aquino ha però visto nella prudenza quel cocchiere che guida tutti i cavalli che trainano il carro, tenendoli uniti e coordinati fra di sé. Per questo la prudenza fu definita “auriga virtutum” il cocchiere delle virtù! Certo la grande virtù cardinale della prudenza cristiana non va confusa con la prudenza della carne, che è nemica di Dio (Rm 8, 69). La prudenza cristiana è una virtù morale che ci porta a scegliere in ogni circostanza i mezzi migliori per amare e servire il Signore. La fede ci indica il fine, ma è la prudenza che ci spinge a scegliere i mezzi migliori per poterlo raggiungere. Sovente sarà difficile conoscere bene il cammino da seguire, ed allora il ricorso allo Spirito Santo ci sarà prezioso: egli sarà sempre uno dei nostri migliori consiglieri.

“Anche oggi di fronte ad un Pastore della Chiesa (a un’anima consacrata) si presentano realtà complesse. In ogni diocesi vi sono uomini e donne di sensibilità diverse, di formazioni variegiate. Per unire tutti, si esige l’opera prudente del Pastore, sollecito del bene di tutto il suo gregge...

È questa anche la missione della superiora, chiamata a coordinare il lavoro delle sue consorelle, spronando le deboli e frenando le impazienti, in modo che tutti avanzino unite sulle vie della volontà di Dio, all’incontro del Signore Gesù. Il Papa Giovanni Paolo II ci ha poi ricordato l’impegno per la prudenza che non ci esime certo dalla semplicità e dalla fiducia verso tutti. La prudenza è pensiero, la semplicità è amore. L’amore prega, l'intelligenza vigila. “Vigilate et orate” (Mc 14, 38) conciliazione perfetta. “L’amore è come la colomba che geme, l'intelligenza operativa è come il serpente (Mt 10, 16) che non cade mai in terra, né urta, perché va tastando con il suo capo tutte le ineguaglianze del suo cammino”.

 

Il giudizio prudenziale

Il compito principale della ragione pratica nell'ambito morale consiste nell'applicazione dei precetti all'azione personale nelle sue circostanze concrete. Si può rappresentare questa operazione come una deduzione a partire dai principi fondamentali di ordine morale (“si deve fare il bene ed evitare il male”), a condizione di ricollegarli alle aspirazioni naturali che costituiscono la base della legge e la fonte principale degli atti umani. Questi principi non sono dunque teorici e astratti, anche se la loro formulazione è universale e appare impersonale.

Essi corrispondono al senso del vero e del bene, all'amore di sé e degli altri che sono connaturali all'uomo, e procedono da quella scintilla spirituale che san Tommaso d’Aquino chiama sinderesi. L'applicazione dei principi della ragione pratica è opera della prudenza che integra i dati della scienza morale e della coscienza, testimone interiore della legge. Tale opera non si limita a fissare ciò che è permesso o vietato, ma ricerca la qualità, una certa perfezione dell'azione nella situazione esistente, come un artigiano si sforza di creare un'opera bella nell'esercizio del suo mestiere. Una simile opera richiede intelligenza, esperienza, sforzo e vigilanza. Per questo l'azione morale implica la partecipazione di tutte le facoltà del soggetto e l'utilizzazione degli apporti esteriori ricevuti, fra l'altro, attraverso l'educazione.

Il giudizio prudenziale si distingue perché va al di là delle idee, per quanto belle esse siano, al di là delle intenzioni, dei consigli e dei comandamenti, per quanto giudiziosi possano essere, fino alla decisione di agire che genera l'atto e trasforma il soggetto agente (cioè l’uomo libero): lo rende migliore e lo fa crescere come persona virtuosa.

Per questo la vera prudenza ha bisogno delle altre virtù che regolano in primo luogo l'affettività e i sentimenti. Si può dire che il giudizio o scelta prudenziale è totalizzante; coinvolge l'uomo con tutto il suo essere, con il passato di cui è l'erede, con il suo inconscio. È sulla base di questi atti che si giudica la qualità di un uomo, come si riconosce un albero dai suoi frutti.

Il carattere totalizzante dell'azione umana concreta necessita l'intervento congiunto della filosofia e della teologia, della ragione e della fede, nel giudizio morale cristiano. Lo studio dei "casi" in particolare non può limitarsi a un esame razionale, né a un'applicazione materiale dei principi rivelati, ma esige la messa in opera della fede, che accoglie la luce dello Spirito, e della ragione che riflette e cerca di scoprire concretamente ciò che è buono, ciò che è meglio fare. Il moralista cristiano deve dunque assimilare l'insegnamento del Vangelo, spesso tanto concreto nella formulazione dei principi, e riflettere con i suoi strumenti di ordine filosofico e scientifico, sapendo che questo lavoro sarà incompleto e persino vano, se non si sforzerà di tradurre la sua prudenza personale in azione, l'unica a potergli far provare l'esperienza e il piacere dei buoni frutti.

Nella prima lettera ai Corinzi, san Paolo ci offre un eccellente esempio di ciò che potremmo chiamare casistica apostolica. Nell'esame dei diversi casi che gli vengono sottoposti, il suo metodo è costante. A caratterizzarlo è la compenetrazione fra due livelli. Innanzitutto quello dei criteri dell'ordine della ragione, così come si possono osservare nei filosofi e nei rabbini. Nel caso della fornicazione, ad esempio, san Paolo scrive: "Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impudicizia, pecca contro il proprio corpo" (6, 18). Allo stesso tempo intervengono criteri derivanti dalla fede: "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? ... O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo?" (6, 15 e 19).

Si vede così che nel discernimento di san Paolo esiste un legame profondo fra il senso dell'umano e il senso di Cristo, che si assumono e si rafforzano reciprocamente. I criteri cristiani diventano comunque predominanti, in particolare mediante l'azione della carità che unisce i credenti come fratelli, come membra di uno stesso corpo sotto l'impulso dello Spirito. Vedi anche: Imitazione di Cristo, 14, 1; 15,2 (per purificare la propria capacità di giudicare rettamente su di sé, principalmente).

Tipi di prudenza

C’è una prudenza personale: che regola il comportamento particolare nella moderazione e dominio delle proprie passioni, tendenze alla sensualità e all’ira. Ci vuole l’aiuto delle virtù della fortezza, temperanza, pazienza, castità, sobrietà, ecc.

C’è una prudenza familiare: per chi è capo di famiglia, o superiore di comunità. Per chi è investito del ruolo dell’autorità e non vi può rinunciare. A questo riguardo è utile ricordare che l’esercizio dell’autorità –di qualsiasi tipo—va fatto come un servizio. Chi è stato costituito in autorità è servitore degli altri su cui deve governare come figli di Dio. In questo ruolo così importante e necessario nella vita consacrata, serve particolarmente la virtù della prudenza.

Nell’ambito della vita sociale, c’e’ una prudenza regnativa, ovvero la capacità di ordinare ogni cosa al massimo bene della società, e la prudenza politica che porta il cittadino ad obbedire, eseguendo le indicazioni dell’autorità, senza compromettere la propria dignità di persona.

P. Luis Alfonso Orozco L.C.

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