P. Luis Alfonso Orozco L.C. – LA PRUDENZA

La prudenza è la virtù principale dell’agire umano tra quelle chiamate cardinali, e quindi è una virtù che non può assolutamente mancare nella vita umana. Possiamo dire che, per la sua importanza occupa un posto eminente tra le virtù ed è solo preceduta da quelle tre virtù teologali: fede, speranza e carità, il cui oggetto è Dio e che sono necessarie per la santificazione personale. Per questo motivo daremo uno spazio assai più ampio nell’esposizione della virtù della prudenza per poi osservare le sue implicazioni e applicazioni nella vita consacrata.

Definizione

         La definizione della la traiamo dal Catechismo della Chiesa Cattolica al nº 1806: La prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. L' uomo «accorto controlla i suoi passi » (Prv 14,15). «Siate moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera» (1 Pt 4,7). La prudenza è la « retta norma dell' azione», scrive san Tommaso sulla scia di Aristotele. Essa non si confonde con la timidezza o la paura, né con la doppiezza o la dissimulazione. È detta «auriga virtutum» - cocchiere delle virtù: essa dirige le altre virtù indicando loro regola e misura. È la prudenza che guida immediatamente il giudizio di coscienza. L' uomo prudente decide e ordina la propria condotta seguendo questo giudizio. Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.

Vediamo più da vicino alcune affermazioni della definizione:

-         È la virtù che dispone la ragione pratica (cioè, la ragione o intelligenza disposta e prima dell’agire) a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene (quello morale e che va d’accordo con la volontà di Dio su di noi).

-         e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo: sia il fine che i mezzi devono essere buoni.

-         Essa non si confonde con la timidezza o la paura che blocca la volontà (non agire...), né con la doppiezza o la dissimulazione (ipocrisia, astuzia umana o detta anche “prudenza della carne”): questi sono vizi.

-         cocchiere delle virtù: l’immagine per noi non è più familiare come quando per le strade andavano i carri trainati da cavalli, ma il senso è valido lo stesso perché essa dirige quale guida o pilota, le altre virtù, indicando loro regola e misura.

-         Applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.

Nel linguaggio comune, quando si dice “avere prudenza” si vuol significare che una persona esercita una giusta cautela prima di agire; mentre per la tradizione morale cristiana, prudenza connota il pieno e confidente esercizio di un vero amore e di una sapienza pratica. La vita virtuosa aspira a creare un comportamento umano pio, religioso, coerente. Quindi, la prudenza è la virtù che dirige l’intera vita morale. La persona prudente deve impegnarsi in attività che puntano su diversi fini, come la salute e il proprio benessere personale, quello della famiglia, e quello di un più vasto ambito politico, nell’ esercizio dell’autorità. Chi è investito d’autorità, nei diversi ambiti sociali e religiosi, non può assolutamente mancare di prudenza.

La prudenza riguarda principalmente il perfezionamento della conoscenza pratica, cioè il come si deve fare una cosa. Questa virtù fortifica l’intelligenza, le dà la capacità di giudicare rettamente. Nella maniera in cui associamo la vista con la testa, allo stesso modo S. Isidoro di Siviglia –nel secolo VII— sosteneva che la prudenza deriva da porro videns, vale a dire “guardare in avanti” in tutte le direzioni. E di fatti, la prudenza nella scultura medievale viene originalmente rappresentata come una figura con tre facce, ognuna delle quali guarda in una differente direzione.

Senza l’attività direzionale della prudenza le azioni di una persona inevitabilmente manifestano o un eccesso o un difetto, rispetto al raggiungimento delle proprie finalità che costituiscono poi il proprio bene. Perché la prudenza è in grado di assicurare all’uomo una completa educazione morale ordinata al fine ultimo della beatitudine. Chi è imprudente sbaglia costantemente il cammino; non si conosce, né apprezza in verità le sue possibilità, a causa della distorsione mentale in cui vive. Tante volte confonde la realtà con i propri sogni e manie, e nei giudizi e modo di parlare manifesta precipitazione, disinformazione e poca conoscenza dei fatti.

Non si nasce imprudenti, ma ci si diventa per coltivare i vizi contrari alla prudenza e alla discrezione. Esempio, si diventa imprudenti per parlare di ciò che non si sa, essere impulsivi o per contrario timidi e pigri; quando si perde il tempo in eccessivi calcoli e quando si agisce in anticipo o troppo tardi. L’imprudente poi, corre il rischio di essere credulo ed influenzabile dagli altri più scaltri, perché gli manca quel necessario discernimento spirituale (1 Gv 4,1). In poche parole, non si può agire senza prudenza, che sarebbe come guidare fuori della strada o lasciare il volante nelle mani di un bambino di dieci anni. L’imprudenza si rivela una strada buia e pericolosa da percorrere.

P. Luis Alfonso Orozco L.C.

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