P. Luis Alfonso Orozco L.C. – LA SOLIDARIETÀ NEI GRUPPI UMANI

Una comunità, un gruppo di persone unite per lo stesso ideale d’amore e di servizio, diventa inespugnabile grazie all’energia spirituale e fermezza che possiede. Questa struttura solidale risulta dal vincolo sincero di ogni persona con le altre e con l’insieme, che poi riceve il nome di famiglia, comunità o istituto di vita consacrata. La solidarietà ci permette di formare tali strutture capaci di garantire l’e, quando l’impegno di ognuno dei membri si unisce a quello degli altri in come di sforzi: l’e fa la forza.

Lo vediamo in un’orchestra sinfonica dove i diversi strumenti suonano con i propri ritmi, toni, intensità; ma il risultato è una melodia armoniosa che sgorga come da una misteriosa fronda. Come si forma quella armonia coi diversi suoni? C’è il direttore che indica loro il cammino e il tempo; l’intervento e l’interpretazione fedele della partitura. È questa azione di insieme che forma un valore, il quale attira ciascuno dei musicisti col proprio strumento. È l’e che crea la solidarietà in vista del bene comune.

La solidarietà diventa possibile tra persone che nella loro interiorità –la coscienza—ascoltano l’appello di un alto ideale, come dedicarsi al servizio del prossimo, per amore di Dio, e ci si impegnano con generosa dedizione. E quando un pericolo o una sfida sorge minacciando i più deboli o mettendo alla prova il valore dell’unità, è allora che la voce della coscienza riaccende la virtù della solidarietà in un impegno più attivo e sacrificato, dove le persone più generose danno il meglio di se stesse.

Per questo, la virtù della solidarietà ne implica altre come la generosità d’animo, la dimenticanza di sé, la collaborazione e partecipazione nel lavoro comune sotto la guida delle autorità legittime. La solidarietà si esprime nella testimonianza di adesione in virtù della speranza che ci porta ad aiutare sempre gli altri con un amore disinteressato. “Homo sum: humani nihil alienum puto” (“Sono uomo: niente dell’umano mi risulta alieno” Terenzio, Heautontimorumenos 77).

Gesù modello

         Per il cristiano l’esemplare supremo della solidarietà è Gesù sulla Croce redentrice. L’esempio più alto offerto nella storia di dare la propria vita per coloro che si ama, e che illumina con un fulgore inestinguibile il nostro pellegrinare umano nel chiaroscuro della fede. I martiri e i santi di ogni epoca che, a imitazione di Gesù Cristo, hanno donato la loro vita per il bene e la salvezza del prossimo, ci rivelano la bontà di cuore e generosità ossequiosa cui è capace di arrivare l’essere umano. Bontà e generosità che sono anche dei pilastri della solidarietà nel Corpo mistico, il quale è stato sempre irrigato col sangue benedetto dei martiri ed edificato con la vita esemplare dei santi.

L’imitazione di Cristo muove il cuore umano alle vette più alte dell’amore e della donazione in favore del prossimo. Uno di questi martiri della solidarietà cristiana è san Massimiliano Kolbe, il sacerdote polacco cui gesto d’amore è conosciuto da tutti. Recluso nell’inferno di Auschwitz col nº 16 670, formava parte del “Blocco 14” quando uno dei prigionieri riuscì a fuggire. Il castigo del comandante nazista per il “Blocco 14” doveva essere esemplare: dieci prigionieri a sorte furono destinati alle “celle della fame” per ivi morire d’inanizione. Padre Kolbe non c’era tra il gruppo di quei dieci disgraziati. Ma uno di loro chiese ai compagni di dare il suo saluto ultimo alla moglie e ai figli. Il sacerdote polacco lo sentì e allora con determinazione chiese al sorpreso comandante di sostituirsi a quel condannato. Il nazista gli fece due domande: “perché?” e “chi sei tu?”. Le risposte furono brevi ma ferme: “sono vecchio e malato” e “sono un sacerdote cattolico”.

La proposta fu accolta e Padre Kolbe insieme ai nove compagni di condanna fur rinchiuso nella cella della fame. Erano nudi e senza cibo né acqua; dovevano morire di fame, di sete, di freddo. Anche in quella terribile sorte per morire, Padre Kolbe si dimostrò apostolo della solidarietà e aiutò spiritualmente uno ad uno i compagni per disporsi a morire e presentarsi degnamente davanti al Giudice Eterno. Dalla fossa nauseabonda invece di grida e maledizioni, uscivano altri suoni molto differenti: preghiere e canti di lode. San Massimiliano e tre compagni furono gli ultimi a morire. Il suo gesto di totale solidarietà solo si spiega per l’amore più grande che nutriva il suo cuore per Dio e per il prossimo.

La solidarietà nella vita comunitaria: come rafforzarla, come crescere in essa?

         Chi si forma nella virtù della solidarietà diventa anche generoso e aperto ai valori degli altri. È ben disposto a collaborare e partecipare al bene comune, e questo si forma rinunciando a se stesso, magari in cose piccole, come i gusti naturali e le preferenze. In comunità, dove gli orari e i pranzi, il vestito e i lavori, e anche gli spazi di ozio e divertimento sono comuni, un cuore generoso è quello che rompe il cerchio dell’egoismo che minaccia tutti e così ci rende facile la donazione, non tanto di beni materiali, quanto del dono di se stessi: donare il proprio tempo, donare le proprie qualità umane e spirituali a Cristo nella vita di consacrazione. Questo è il dono dei doni.

Vizio contrario?  L’egoismo

         Il vizio contrario della generosità e solidarietà è l’egoismo, al quale siamo tutti esposti e dovunque, perché lo portiamo sempre con noi. L’egoismo se non si combatte in maniera costante e paziente ogni giorno, può chiudere la persona nel suo piccolo mondo, dove i propri problemi e difficoltà assorbono tutte le energie e interessi. La persona egoista chiede –sapendolo o in modo inconsapevole—tutta l’attenzione degli altri. Questo vizio è stato sempre la rovina delle famiglie e delle comunità, giacché si oppone direttamente ai valori della partecipazione e del lavoro comune dove tutti sono responsabili. L’egoismo crea dise e discordia, ruba la pace e l’armonia; attacca direttamente la solidarietà.

         Per sbarazzarsi dalla tirannia dell’egoismo, frutto amaro del peccato nella nostra natura ferita, occorre abituarsi a uscire da sé con l’animo di collaborare nei lavori e responsabilità comuni. Non uno, ma tutti i giorni e nelle opportunità che si presentano. Nella preghiera si deve chiedere a Dio il dono di un cuore generoso e umile come quello di Gesù, perché chi ama il prossimo non è calcolatore del tempo né di “quanto” è chiamato ad offrire agli altri, che hanno bisogno del nostro aiuto. Il sacramento della Riconciliazione è un altro mezzo preziosissimo per combattere l’egoismo: lì si chiede perdono a Dio, si ottiene la Sua grazia che è indispensabile per vincere il peccato, e si fanno dei propositi per migliorare la propria condotta. Tutto ciò in base all’amore che è la forza capace di farci uscire da noi stessi per donarci senza calcoli. Una madre è capace di non dormire quando deve accudire il figlio malato, e per farlo non si sente specialmente generosa. La muove l’amore, che vince l’egoismo e la tendenza alla propria comodità.

         Quindi, la generosità si oppone direttamente all’egoismo ed essa è una virtù molto importante nella persona consacrata, chiamata a vivere e a santificarsi nella vita comunitaria. Ci insegna  a maturare come persone responsabili nella acquisizione dei valori e ideali comuni che sono il tessuto del forte mantello della solidarietà umana. La disponibilità è un modo di essere e di comportarsi che agevola l’e dei cuori, e per questo la virtù della generosità aiuta veramente a configurare la nostra personalità umana e cristiana.

         Chi è generoso, chi si abitua a donarsi senza calcoli e per farlo deve sottomettere l’egoismo, risulta in realtà la persona più ricca e felice: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli”. L’avarizia non inquieta il loro cuore, né si compara con gli altri, neanche ambisce situarsi al di sopra in “posti più alti”. Il suo cuore è in pace perché il suo ideale è servire ed amare a imitazione del modello supremo di Gesù, chi è venuto non a essere servito, ma a servire.

“Se avessimo novantanove ragioni per giudicare male il prossimo, e una sola per ritenerlo in buona fede, dovremmo scegliere quest’ultima per non contravvenire alla carità”. (San Francesco di Sales)

P. Luis Alfonso Orozco L.C.

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