Popper e il problema dell’induzione

Popper e il problema dell’induzione Rafael Pascual, L.C. Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma, Italia     Popper ci invita ad imparare dai nostri errori, a sottometere alla critica le nostre affermazioni, a non considerare le proprie idee come dogmi o come verità indiscutibili, ma soltanto come semplici opinioni. Ma c’è il pericolo di assumere il pensiero di Popper in un modo acritico, come se si trovasse al di sopra della sua stessa teoria della conoscenza. Se Popper, nelle sue riflessioni epistemologiche, ci propone delle opinioni e congetture, allora no c’è da temere di sottometterle alla critica, perché, come diceva un certo filosofo della scienza, il modo migliore di seguire Popper è, appunto, sottomettendo il suo pensiero alla critica.  
  1. L’induzione nel quadro dell’epistemologia popperiana
  Il cosiddetto problema di Hume1 si rivela cruciale per il pensiero popperiano2. Sembra che il falsazionismo sorga proprio dal rifiuto
1 Come si è sottolineato in un recente lavoro, «Popper identifica el problema de la inducción con el principal problema de la filosofía de Hume: lo llama "el problema de Hume", imitando a Kant, aunque el autor prusiano se refiere con esta expresión a otro problema, el problema de la causalidad y no el de la inducción» (e in nota: «Popper reconoce esta confusión: "Nella mia Logik der Forschung (1934) ho scritto 'Se, seguendo Kant chiamiamo il problema dell'induzione il problema di Hume, potremmo chiamare il problema della demarcazione 'problema di Kant''. Questo brano fu, per quanto ne sappia, il primo in cui il problema dell’induzione è stato chiamato "problema di Hume": lo stesso Kant non lo chiamò così, contrariamente a ciò che sembra che io dica nel brano ora citato" (Conoscenza oggettiva, p. 117)» (R. FAYOS, Verdad y realismo..., p. 14). Anche attribuisce a Kant questo senso al problema di Hume in Il realismo e lo scopo della scienza, p. 43: «[...] il problema dell’induzione – definito da Kant "il problema di Hume"». Per tanto non è soltanto un 'sembrare di far intendere'... In ogni caso, sempre secondo Popper, «La critica humiana dell’induzione venne sfortunatamente confusa dallo stesso Hume con la sua critica della causalità dalla quale essa è, invece, logicamente indipendente» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 59, nota 16). 2 Così lo mettono in risalto diversi studiosi di questo argomento. Per mettere un esempio recente, in un articolo sul tema dell’induzione si dice che «Popper's entire theory of knowledge was based on the supposition that Hume had proved the irrationality of using induction: hence his attempt to show that science does not actually proceed inductively at all» (S. OKASHA, What did Hume Really Show about Induction?, p. 307). Si segnala anche l’importanza del tema dell’induzione in Popper nel lavoro che abbiamo citato precedentemente: «El enfoque que Popper da al problema de la inducción determina toda su epistemología. A la luz de la crítica a   dell’induzione e del giustificazionismo che sono caratteristici del neopositivismo. Per Popper, l’induzione è un metodo di giustificazione, cosicché, rifiutando la giustificazione, si risolve il problema dell’induzione3. Invece di cercare ragioni positive per fondare una teoria (come intende fare il giustificazionismo), bisogna cercare le ragioni critiche (perché preferire una teoria invece di un’altra). Nelle parole di Popper, «non possiamo fornire alcuna ragione positiva per sostenere che le nostre teorie siano vere»4. Le ragioni critiche, invece di giustificare, diffendono la preferenza di una teoria sulle altre, la decisione di usare questa e non le altre. Popper, pertanto, contrappone giustificazione e critica.   Ma, nonostante tutto, Popper non rinuncia alla verità, che continua ad essere l’obiettivo (sebbene mai raggiungibile) della scienza. Possiamo credere che una teoria è più vicina alla verità, ma soltanto questo: credere. Proprio quello che fa razionale il metodo scientifico è la ricerca della verità5. Questo spiega perché Popper farà professione di essere realista. Il realismo è concepito da Popper come «una sorta di retroterra che motiva la  nostra ricerca della verità. La discussione razionale, cioè l’argomentazione critica allo scopo di avvicinarsi alla verità, sarebbe immotivata senza una realtà oggettiva, senza un mondo che ci poniamo come compito di scoprire»6. Popper concepisce il realismo come la convinzione o credenza che ci sia un mondo reale, che esiste indipendentemente da noi7, e fa consistere il
la inducción se comprende por qué Popper dibuja un cierto tipo de epistemología y no otro. Se puede afirmar sin temor que a la hora de detallar una teoría del conocimiento general Popper se limitó simplemente a extraer consecuencias lógicas de su crítica a la inducción» (R. FAYOS, Verdad y realismo...., p. 27). 3 «La inducción es un método de justificación. Si no se acepta que nuestra tarea consiste en justificar teorías, no necesitamos de la inducción y el problema desaparece» (in Encuentro con Karl Popper, p. 30). 4 Il realismo e lo scopo della scienza, p. 48. 5 «Aunque abandonemos la justificación, es muy importante que no abandonemos la discusión racional; y la discusión racional se desarrolla bajo el ideal regulador de la verdad, el ideal de que queremos aproximarnos a la verdad. Esta idea es la que hace racional nuestra discusión» (Encuentro con Karl Popper, p. 30); «La discussione è razionale; e questo significa che ciò che importa è la verità delle teorie in competizione: la teoria che nella discussione critica sembra avvicinarsi maggiormente alla verità è la migliore; e la teoria migliore soppianta le teorie peggiori. Ciò che importa è, dunque, la verità» (Alla ricerca di un mondo migliore, p. 194). 6 Il realismo e lo scopo della scienza, p. 104. 7 «I am a realist, in both of the main senses of this philosophical term: I believe in the reality of physical world ("world 1") which, I conjecture, existed long   problema della conoscenza nel problema di come scoprire quel mondo8. La questione del realismo è, pertanto, una questione cruciale, e non marginale, nell’epistemologia popperiana.   Quest’ammissione dell’esistenza del reale gli permette di poter parlare della verità come corrispondenza (concretamente come corrispondenza tra il 'mondo 1' e il 'mondo 3'). Come vediamo, tutti gli aspetti centrali e caratteristici dell’epistemologia popperiana si trovano in rapporto fra di loro, e si seguono quasi come in una sequenza necessaria gli uni degli altri. E tutti, in qualche modo, partono della sua posizione rispetto il problema dell’induzione.  
  1. La risposta di Popper al problema dell’induzione
  Popper si vanta si aver negato apertamente l’induzione. Anzi, viene a dire che in questa negazione va oltre lo stesso Hume9. Lo stesso Popper, in uno dei suoi frequenti riferimenti autobiografici, racconta l’aneddoto del suo intervento in una riunione della Società Aristotelica di Londra, quando disse senza mezzi termini che non credeva nell’induzione10. Probabilmente oggi la sua tesi non susciterebbe quello scalpore di allora, ma piuttosto quello sorprendente sarebbe dire esattamente l’opposto, cioè sostenere l’esistenza dell’induzione11.  
before man; and I believe in the reality of a world of man-made theories, problems, and mistakes, which I call "world 3"» (K. POPPER, Replies to my critics, p. 1114). 8 Cf. La ricerca non ha fine, p. 79. 9 «Io vado più in là di Hume: sostengo che le procedure induttive semplicemente non esistono (nemmeno quelle di basso livello) e che la storia della loro esistenza è un mito» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 139). Per non lasciare ombre di dubbio al riguardo, si può aggiungere ancora quest’altro categorico testo: «Induction simply does not exist, and the opposite view is a straightforward mistake» (Replies to my critics, p. 1015). 10 Cfr. Il realismo e lo scopo della scienza, pp. 41ss.; La ricerca non ha fine, pp. 113-114. 11 Infatti lo stesso Popper fa riferimento a questo cambiamento di opinione comune rispetto all’induzione: «Dubito che qualcuno dei presenti abbia sospettato che io non solo sostenevo sul serio queste opinioni, ma che queste, col tempo, sarebbero state considerate da molti come un luogo comune» (La ricerca non ha fine, p. 114). Senza dubbio, di questo cambiamento di opinione è responsabile in una grande misura lo stesso Popper, come evidenzia Rivadulla: «[...] pienso que Karl Popper contribuyó a revolucionar la metodología científica. Conceder a Popper un papel de protagonismo en el abandono de la creencia de que lo que caracteriza a la ciencia es el método inductivo, una idea que a lo largo de más de   Popper nelle sue opere parla spesso del tema dell'induzione, o come lo chiama di solito, il problema dell'induzione. Sostiene di portare avanti una riformulazione dello stesso, perché non lo tratta più da una prospettiva psicologica, come una credenza (come lo avrebbe fatto Hume), ma piuttosto dal punto di vista logico: il rapporto tra enunciati particolari e proposizioni universali12. Tale cambiamento gli permette di risolvere il problema dell'induzione: la soluzione sta nel fatto che... l'induzione non esiste; in parole di Popper:  «non  c'è  induzione  alcuna,  ché  le  teorie  universali  non sono deducibili dagli enunciati singolari»13. Per ragioni simili, Popper respinge il verificazionismo, e in generale ogni tentativo di giustificazione (probabilità, comprobabilità, ecc.).   Lo stesso Popper formula  in  vari  modi  il  problema.  Ad  esempio,  in Conoscenza oggettiva, nel presentare l'approccio logico del problema da parte di Hume, lo pone così: «Siamo giustificati a ragionare da casi (ripetuti) di cui abbiamo esperienza ad altri casi (conclusioni) di cui non abbiamo esperienza?». La sua risposta è che in nessun modo si può giustificare tale  
dos milenios se ha venido sosteniendo en la filosofía occidental bajo diversas formas -por algo el problema de la inducción es para Popper uno de los dos problemas fundamentales de la epistemología-, y en su sustitución por otra concepción nueva de la metodología científica, supone reconocerle el mérito de haber desencadenado una revolución en la cultura científica de occidente. Sea exclusivamente mérito de Popper, sea que supo intuir los rasgos esenciales de una metateoría emergente de la ciencia, el caso es que desde la publicación de Logik der Forschung en 1934 ya nadie podía defender seriamente la idea de que la inducción constituye la clave para una comprensión cabal del progreso científico» (A. RIVADULLA, La Revolución en metodología de la ciencia, p. 7). 12 Cfr. La ricerca non ha fine, p. 89; in Conoscenza oggettiva, pp. 22ss., parla piuttosto di una distinzione, almeno implicita, nello stesso Hume, di due domande: una logica e l'altra psicologica; lo fa anche in Congetture e confutazioni. «Popper, en Conjeturas y Refutaciones, distingue dos niveles a la hora de formular el problema de la inducción: un nivel lógico y un nivel psicológico. La perspectiva lógica del problema versa sobre la posibilidad de fundar lógicamente las leyes universales a partir de experiencias individuales. La perspectiva psicológica la podemos encontrar en la solución de Hume a la cuestión inductiva. Reconoce que, aunque no es posible justificarla, constantemente hacemos uso de ella, y esto se debe a un elemento psicológico: la creencia o el hábito a esperar regularidades» (R. FAYOS, Verdad y realismo..., p. 16). 13 La ricerca non ha fine, p. 89; il corsivo è mio. Sembra che ci sia un lapsus, perché sta parlando sull'induzione. Dovrebbe dirsi piuttosto che le teorie non sarebbero inducibili da enunciati singolari...   passaggio14. Popper ripropone questo problema nel modo seguente: «Può la pretesa che una teoria esplicativa universale sia vera essere giustificata da "ragioni empiriche"; cioè assumendo la verità di certe proposizioni di controllo o proposizioni d'osservazione?»15. Di nuovo la risposta è negativa, perché una teoria spiegativa universale trascende sempre l'insieme finito di enunciati contrastanti. Anzi, secondo Popper, una risposta affermativa in questo caso sarebbe paradossale, giacché includerebbe la propria negazione. L'argomentazione che offre al riguardo è abbastanza oscura, per non dire proprio sofistica16.   D'altra parte, Popper distingue in Hume tra il principio di non validità dell'induzione - riformulato da Popper in questo modo: «Non ci può essere alcuna inferenza valida da enunciati osservativi singolari a leggi di natura universali, e quindi a teorie scientifiche» -, e il principio dell'empirismo, che Popper riformula così: «Noi richiediamo che l’adozione e il rifiuto di teorie scientifiche debba dipendere dai risultati dell’osservazione e della sperimentazione, e perciò da enunciati osservativi singolari»17. Ambedue principi sarebbero validi e compatibili. A partire ad essi può risolvere le difficoltà di Bertrand Russell, i cosiddetti limiti dell'empirismo18. La soluzione di Popper consiste nel cambiare la nozione di scienza: anziché consistere in un sapere vero e sicuro, assoluto, si tratta solo di una conoscenza provvisoria (a base di congetture e ipotesi). Così si risolverebbe  il problema dell' induzione «senza dover assumere un principio di induzione, o dei limiti all'empirismo»19. In questo modo, Popper, invece di essere un empirista ingenuo (che crede nell'induzione), sarebbe un empirista critico,  che già non avrebbe bisogno di ricorrere all'induzione20.
14 Cf. Conoscenza oggettiva, p. 22. 15 Conoscenza oggettiva, p. 25. 16 Cf. Conoscenza oggettiva, pp. 29-30. 17 Il realismo e lo scopo della scienza, p. 60; cfr. anche Conoscenza oggettiva, p. 31; in questo secondo testo presenta il principio dell'empirismo in questo modo: «Solo l'"esperienza" può aiutarci a formarci l’idea della verità o falsità delle proposizioni fattuali» (il corsivo è di Popper). 18 «Ammesso che la conoscenza empirica si otteneva per via induttiva, e subendo al tempo stesso il forte influsso della critica humiana dell'induzione, Russell affermava che si doveva adottare un principio di induzione che a sua volta non poteva però basarsi sull'induzione. L'adozione, di questo principio segnava dunque i limiti dell'empirismo» (La ricerca non ha fine, p. 113). 19 Il realismo e lo scopo della scienza, p. 42. 20 Più avanti vedremo a quale prezzo si realizza questo passaggio, giacché si sacrifica la concezione classica della scienza per una nuova, che sembra abbastanza   Come ha fatto notare Andrés Rivadulla, si potrebbe parlare di un cambiamento nel modo di affrontare e risolvere il problema dell'induzione in Popper21. Tale cambiamento è dovuto al fatto di assumere il concetto di verità di Tarski, il che ha costretto Popper a riformulare il problema dell'induzione, questa volta in modo positivo. Nella prima fase, si rifiutava semplicemente l'induzione, e non si offrivano argomenti per sostenere la prassi scientifica di cercare leggi e regolarità nella natura, né il passaggio di esperienze singolari a teorie universali. Così, la scienza non disponeva di un modello che servisse da guida e ne assicurasse un progresso: in effetti, dopo stabilire il criterio di demarcazione della scienza, negare l'induzione e sottolineare che le teorie sono solo falsabili (ciò sarebbe il nucleo dottrinale de La logica della scoperta scientifica) l'epistemologia popperiana non trovava risorse sufficienti per superare lo scetticismo. Nella seconda fase, invece, grazie al fatto di assumere la nozione di verità come corrispondenza, si offre alla scienza un substrato metafisico che la fonda  e  orienta.  Come  faceva notare Imre Lakatos, non si può crescere nella conoscenza del mondo né si può imparare dai propri errori se non si dispone di una teoria della verità che consenta di riconoscere se si dà una crescita in quanto al contenuto di verità22. A partire da Tarski, Popper usa i concetti di verosomiglianza, contenuto di verità e di falsità. Nella scienza c'è spazio in questo modo per un progresso verso una verità obiettiva23.  
svalutata. 21 Cfr. A. RIVADULLA, La Revolución en metodología de la ciencia, pp. 7- 33. 22 «One cannot learn about the world even from one's "mistakes", one cannot detect genuine epistemological error unless one has a theory of truth and a theory of how one may recognise increasing or decreasing truth-content». (I. LAKATOS, Popper Demarcation and Induction, p. 254). 23 «Imparai da lui [Tarski] la sostenibilità logica e la forza della verità assoluta e oggettiva: fondamentalmente una teoria aristotelica, alla quale Tarski e Gödel arrivarono, sembra, all'incirca nello stesso tempo e separatamente. La prima pubblicazione fu quella di Tarski nel 1930, e Gödel ne riconobbe, ovviamente, la priorità. È una teoria della verità oggettiva – verità come corrispondenza dell'asserzione con i fatti – e della verità assoluta: se un'asserzione formulata in modo inequivocabile è vera in una lingua, lo è altrettanto in qualunque altra lingua essa sia stata correttamente tradotta. Questa teoria è il grande baluardo contro il relativismo e contro tutte le mode intellettuali. Essa ci consente di parlare delle falsità e del fatto che noi possiamo imparare dai nostri errori, dai nostri sbagli; essa ci consente di parlare della scienza come della ricerca della verità. Inoltre ci consente, o meglio ci impone, di distinguere fra verità e certezza» (Un universo di propensioni, pp. 11-12; gli ultimi due corsivi sono nostri).   In questa seconda tappa si formula il problema dell'induzione nel modo seguente: «Può la pretesa che una teoria universale esplicativa sia vera o che sia falsa essere giustificata da "ragioni empiriche"; cioè, può l'assunzione della verità delle proposizioni di controllo giustificare la pretesa che una teoria universale sia vera o la pretesa che sia falsa?»24. In questo caso, finalmente, la risposta è positiva: «Sì, l'assunzione della verità delle proposizioni di controllo a volte ci permette di giustificare la pretesa che una teoria universale esplicativa sia falsa»25. Come fa notare uno studio recente, «la presencia del principio de búsqueda de la verdad hace de la epistemología de Popper una teoría del conocimiento realista y permite esa reformulación y solución positiva del problema de la inducción»26. Tuttavia, come fa notare Rivadulla, più che di una riformulazione, si tratterebbe di un allargamento, che dà spazio al concetto della plausibilità, come avvicinamento alla verità, ma senza uscire, alla fin fine, di una conoscenza che rimane solo congetturale, senza che si possa arrivare a sapere con certezza se ci stiamo avvicinando di fatto o non alla verità. In questo modo, come sottolinea Lakatos, Popper non riesce a cogliere questa opportunità che offre l'assunzione della nozione di verità di Tarski per eludere lo scetticismo che insidia la sua concezione congetturale della scienza27.  
  1. Induzione e falsificazione
  Come abbiamo visto, sebbene Popper rifiuta la possibilità di una induzione positiva, ammette invece un'induzione negativa, cioè una teoria universale può essere confutata da enunciati singolari: qui sta la chiave della falsabilità popperiana. Le teorie, invece di essere verificate, devono essere contrastate, sottoposte alla prova. Il metodo è quello critico, di prova ed errore. Si procede per ipotesi, problemi, congetture, che sono sottoposte a discussione critica. E qui Popper definisce la sua analogia con la selezione
24 Conoscenza oggettiva, p. 26. Il corsivo è nostro; serve per mettere in rilievo la differenza tra questa formulazione ed un'altra simile che avevamo messo alcuni paragrafi prima. 25 Conoscenza oggettiva, p. 26. Il corsivo è di Popper. 26 R. FAYOS, Verdad y realismo..., p. 53. 27 «Popper has not fully exploited the possibilities opened up by his Tarskian turn. While he now talks freely about the metaphysical ideas of truth and falsity, he still will not say unequivocally that the positive appraisals in his scientific game may be seen as a -conjectural- sign of the growth conjectural knowledge; that corroboration is a synthetic -albeit conjectural- measure of verisimilitude. He still emphasizes that "science often errs and that pseudoscience may happen to stumble on the truth"» (I. LAKATOS, Popper Demarcation and Induction, p. 256).   naturale del darwinismo, così come il parallelismo tra la verifica, il lamarckismo e l'istruzione dall'ambiente, da una parte, e la falsificazione, il darwinismo e la selezione dall'ambiente, dall'altra28. In qualche altro testo contrappone la logica induttiva (o induttivismo) al metodo deduttivo di contrastare (o deduttivismo)29.   Non sono mancati però, coloro che hanno fatto vedere che lo stesso falsificazionismo in ultima istanza si fonda su un'induzione positiva, in quanto si suppone che la teoria falsificata lo è una volta per tutte, vale a dire, anche per il futuro (si attende che la falsificazione si continui a dare in futuro)30.   Il problema della demarcazione è anche in rapporto con tutto ciò che abbiamo appena visto: Popper propone la falsabilità come criterio di demarcazione e lo contrappone al criterio induttivista di demarcazione (che spetterebbe invece al verificacionismo)31. Secondo Popper, esiste un'asimmetria tra verificabilità e falsabilità, per cui, sebbene le teorie non possono mai essere verificabili in via sperimentale, possono invece essere falsificabili o contrastabili (ossia possono essere in contrasto con enunciati singolari). Solo in questo caso, in virtù della figura logica del modus tollens, si può fare il passaggio da enunciati singolari a universali (vale a dire, un modo di... induzione). Così, la soluzione di Popper consiste nel escludere la  
28 Cf. La ricerca non ha fine, p. 90. 29 Cf. Logica della scoperta scientifica, p. 9. 30 «[...] unless past instances that we have observed of successful prediction based on a theory give us reason to suppose that future instances will be similar successful, we have no reason to conjecture that a prediction which follows from a well-tested theory is true rather than false, and hence no reason for preferring a given prediction to its contraries; and this is so even if the prediction is specifically identical to predictions that have been endlessly verified in the past. Some concept of inductive reasoning, or extrapolation, is needed, therefore, in order to justify supposing that an experiment can be successfully repeated» (A. LEVISON, Popper, Hume and Induction, en P.A. SCHILPP (ed), The Philosophy of Karl R. Popper, Open Court, La Salle (Ill.) 1974, Vol. 1, p. 328). «Una teoria confutata è una teoria che deve essere eliminata e, quindi, che si assume continui ad essere tale. Se così non fosse, se cioè non si presupponesse che l'esito del controllo permarrà anche in futuro, il giudizio di falsificazione non potrebbe operare, dal momento che le teorie falsificate continuerebbero a dover essere prese comunque in considerazione. È questa la tesi di Feigl secondo il quale 'solo per induzione si può assumere che una teoria ben confutata resterà confutata'» (M. MOTTERLINI, Popper: Fallibilismo o scetticismo?, p. 193). 31 Cf. Logica della scoperta scientifica, pp. 21-22.   verifica e assumere la falsazione come metodo proprio della scienza32.  
  1. Una concezione evoluzionistica dell'epistemologia
  Quanto all'origine di ciò che potremmo chiamare l' illusione induttiva, Popper cambia la concezione psicologista di Hume. Se per il filosofo inglese l'abitudine di universalizzare e di stabilire leggi regolari è frutto della ripetizione, per Popper sarebbe piuttosto la conseguenza di una naturale propensione e innata nell'uomo ad aspettare regolarità33. Potremmo dire, quindi, che mentre per Hume l'induzione sarebbe a posteriori, per Popper sarebbe piuttosto a priori. Non sarebbero le ripetizioni che imprimerebbero nel nostro intelletto la tendenza a pensare a regolarità, ma piuttosto è la mente che tenta di imporre delle regolarità al mondo. Ma, da dove gli viene dato all'uomo questa naturale propensione verso la regolarità?   Secondo Popper, l'esperienza non è all'origine della conoscenza, perché la teoria precede l 'osservazione. Prima non è l'osservazione, ma l'aspettativa, la quale si modifica a partire dall'esperienza. Popper concepisce a questo proposito un certo innatismo, contrapposto alla teoria della tabula rasa. Veniamo al mondo con problemi da risolvere, almeno con i problemi della sopravvivenza, benché all'inizio tali problemi non si pongano consapevolmente34. Le aspettative innate sarebbero soggettive, e andrebbero maturando,  e facendosi  più  obiettive,  per  il suo  contatto  e confronto  con  l 'esperienza. L' ulteriore sviluppo della conoscenza consiste nelle «correzioni e modificazioni della conoscenza precedente»35.
32 Cf. Logica della scoperta scientifica, pp. 23-24; cf. anche in Conoscenza oggettiva, p. 32. 33 «Avendo abbandonato la teoria logica dell'induzione per ripetizione, [Hume] venne a un compromesso con il senso comune, consentendo remissivamente la reintroduzione dell'induzione per ripetizione nella forma di teoria psicologica. lo proposi di rovesciare questa teoria humiana. Invece di spiegare la nostra propensione ad aspettarci delle regolarità come conseguenza della ripetizione, ho suggerito di spiegare la ripetizione-per-noi come risultato della nostra propensione ad aspettarci delle regolarità e a ricercarle» (Congetture e confutazioni, pp. 82-83). Cf. anche una delle sue ultime conferenze, la quale ha come titolo proprio Un universo di propensioni. 34 Il titolo di un altro libro di Popper, preso da uno degli articoli che raccoglie, è eloquente al riguardo. Il titolo originale, in tedesco, dice così: Alles Leben ist Problemlösen. Über Erknntnis, Geschischte und Politik, Pieper, Munich 1994. L'edizione italiana ha mantenuto il senso originale del titolo: Tutta la vita è risolvere problemi. Scritti sulla conoscenza, la storia e la politica, Rusconi, Milano 1996. 35 Conoscenza oggettiva, p. 344.   In questo modo si propone una nuova concezione della conoscenza, e si stabilisce un'analogia con il modo di comportarsi  di  ogni  essere vivente. Popper spesso allude alla somiglianza, in tal senso, tra l'uomo e gli altri animali, tra Einstein e un'ameba36. L'unica differenza tra loro due risiede nel fatto che l'uomo può criticare le sue aspettative, idee e teorie, mentre l'animale no. Ma in entrambi si usa lo stesso metodo: la prova e l'errore, come chiave del processo di adattamento. Ciò dà luogo a un approccio biologico della conoscenza, cioè a una considerazione della conoscenza, sia animale sia umana, come risultato di un adattamento evolutivo al mezzo, al mondo esterno. Popper propone così una concezione  della  conoscenza  in  chiave evolutiva. In luogo di (o accanto a) la selezione naturale, Popper qui parla del metodo di prova/errore (trial/error). In questa prospettiva, il sapere umano non sarebbe altro che un riflesso del meccanismo evolutivo che ha portato alla diversificazione della vita, fino a far sorgere, in ultimo luogo, la mente umana.   Popper stabilisce così un'analogia tra la dinamica del darwinismo e la crescita della conoscenza. In effetti, nel suo libro autobiografico La ricerca no ha fine, sostiene che in entrambi i casi si seguirebbe uno stesso procedimento o metodo: la prova e l'eliminazione dell'errore. Inoltre, dice che esiste la stessa relazione tra darwinismo e lamarckismo e tra deduttivismo e induttivismo, selezione e istruzione per ripetizione, eliminazione dell'errore e giustificazione37. Popper, in questo contesto, identifica l'induttivismo con l'apprendimento per ripetizione, e lo contrappone all'apprendimento per prova ed errore. Così, la conoscenza progredisce non  per  accumulazione,  ma  per correzione, dall'imparare dai nostri errori38. A partire da questo potrà caratterizzare la sua posizione come epistemologia evolucionistica39.      
36 Cf. per esempio in La ricerca non ha fine, p. 55. Secondo Popper, il metodo di tentativo ed eliminazione dell'errore sarebbe «la modalità di scoperta di tutti gli organismi, dall'ameba fino ad Einstein» (ibid.). 37 Cf. La ricerca non ha fine, p. 172. 38 «Il metodo di apprendimento per prova ed errore è stato, erroneamente, scambiato per un metodo di apprendimento per ripetizione. L'"esperienza" la si acquisisce imparando dai nostri errori, piuttosto che accumulando o associando osservazioni» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 63). 39 Cf. Conoscenza oggettiva, p. 96 e ss. Il sottotitolo di quest'opera è significativo: "Un punto di vista evoluzionistico". In una delle sue ultime conferenze troviamo un titolo che tende verso la stessa direzione: Verso una teoria evoluzionistica della conoscenza (cf. Un universo di propensioni).  
  1. Valorazione critica dell'anti-induttivismo popperiano
  Popper crede di aver risolto uno dei principali problemi filosofici: il problema dell'induzione (sebbene lui stesso riconosce che pochi saranno d'accordo con questa tesi), e afferma che ciò gli ha permesso di risolvere molti altri problemi filosofici40. Ma, in cosa consiste, per Popper, tale problema? Come abbiamo visto, Popper fa consistere l'inferenza induttiva nel passaggio di enunciati particolari a enunciati universali. Da un punto di vista logico, che è quello che segue Popper, questo passaggio sarebbe ingiustificato, per quanto numerosi possano essere i casi particolari considerati.   Popper propone alcuni esempi canonici al riguardo, come quello dei cigni bianchi41. Ma... forse il fatto stesso di fare esempi significa che si ci met

Hai bisogno di informazioni?

Contattaci