Specificità del Cervello Maschile e Femminile dalla prospettiva delle Neuroscienze
“Gli Uomini Vengono da Marte e le Donne da Venere”
Possiamo partire con uno slogan che accoglie da una parte una sorta di visione estrema, neurologizzante che centra tutto sul cervello e dall’altra parte considerare le differenze come puramente culturali, imposte anche dalla società a cui si appartiene. Questo slogan, nell’ambito delle differenze tra cervello “maschile” e “femminile”, si può riassumere così: “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”. Introduciamo così da una parte il nostro argomento, quello della differenza, e dall’altra lo leggiamo con cautela.
Le differenze tra le strutture anatomiche e le funzioni mentali tra individui umani di sesso maschile e di sesso femminile sono un dato di fatto. Se vediamo come si manifestano l’atteggiamento, la psicologia, il comportamento maschile e femminile, vediamo le differenze che sono state identificate da secoli, anzi da millenni. Queste differenze lungo la storia hanno generato anche degli stereotipi che hanno indotto delle discriminazioni. Nell’ambito delle neuroscienze queste discriminazioni sono state colte studiando il cervello (l’organo “principe” della nostra corporeità, che integra tutte le facoltà superiori e inferiori dell’essere umano, quindi una porta aperta tra la nostra corporeità, il nostro mondo interiore e il mondo circostante, possiamo considerarlo quindi un organo d’integrazione). Studiando quest’organo nel XVII˚ e XIX˚ secolo, i neuroanatomisti – cioè coloro che studiano le caratteristiche strutturali del nostro cervello, come si compone, quali sono le sue aree, le sue strutture e poi correlano queste strutture alle loro funzioni – si sono accorti che c’erano delle differenze proporzionali nelle dimensioni dei cervelli tra maschi e femmine.
Questo ha portato anche a degli stereotipi, per esempio, ci sono stati nel XIX˚ secolo dei neuroscienziati che hanno affermato sulla base di questa differenza strutturale tra il cervello maschile e il cervello femminile, che le donne non avrebbero potuto arrivare a posizioni sociali elevate o concorrere con gli uomini. Ovviamente sono delle esagerazioni, nel senso che sono estremizzazioni che erano sicuramente contestualizzabili in un periodo storico, ma erano anche frutto di una cognizione poco approfondita di che cosa è il cervello, della sua struttura, delle sue funzioni.
Oggigiorno noi sappiamo un po’ di più, non sappiamo tutto, siamo ancora agli inizi della conoscenza di quest’organo misterioso che è il cervello, però abbiamo dei dati neuroanatomici, soprattutto neurofunzionali, che ci mostrano come si relazionano le aree cerebrali tra di loro e ci indicano che quelle variazioni, quelle differenze tra comportamento, psicologia, modo di relazionarsi tra uomini e donne, hanno un sostrato funzionale nel nostro organo cerebrale. Questo non deve stupirci perché i comportamenti sono una manifestazione che, per forza e proprio per l’unità della persona, devono avere una corrispondenza, tecnicamente, “dei correlati neuroanatomici e neurofisiologici”.
Parliamo un po’ delle caratteristiche e dei dati neuroscientifici della differenza tra uomo e donna. Possiamo partire dagli studi neuroanatomici degli anni ‘70 del secolo scorso, alla fine del decennio infatti risultavano ormai evidenti le variazioni tra queste strutture anatomiche, per esempio nell’ippocampo, nell’ipotalamo, nell’amigdala, nelle strutture centrali del cervello, quelle correlate proprio sia alla differenza sessuale dal punto di vista morfologico e quindi della differenza sessuale a livello della corporeità, ma anche correlate con variazioni psicologiche nel comportamento, nello stile di vita, nell’emotività, nell’affettività. Gli studi sugli animali fatti dal 1970 vengono approfonditi, poi negli anni 2000 queste variazioni anatomiche vengono riscontrate anche nell’essere umano. Quando parliamo di variazioni neuroanatomiche mi riferisco soprattutto a variazioni nel volume e anche nel numero di neuroni – che sono le cellule principali che costituiscono il tessuto cerebrale – tra maschio e femmina negli animali e tra uomo e donna nell’essere umano. Queste variazioni in parte distinte in aree particolari del cervello seguono anche i cosiddetti studi strutturali e funzionali, questi studi sono scaturiti dallo sviluppo tecnologico, come la risonanza magnetica strutturale e funzionale. Questi dati neurofunzionali ci parlano di come dialogano le aree cerebrali tra loro. Recentissimi studi che continuano ad emergere correlano queste variazioni funzionali alle variazioni comportamentali. Dal punto di vista neuroscientifico stanno emergendo una serie di dati che indicano l’esistenza delle differenze statisticamente significative su come “dialogano” tra di loro le aree cerebrali del maschio e le aree cerebrali della femmina; questo non dovrebbe condurci a un mero determinismo, cioè a non porre tutta l’enfasi sul cervello, ma a integrare questi dati scientifici in una visione aperta ed integrale dell’essere umano, della persona umana senza indurre discriminazioni, perché differenziare non è discriminare; differenziare vuol dire rendere ragione – in questo caso dal punto di vista neuroscientifico – di quelle differenze che noi notiamo costantemente nella nostra vita, nella nostra prassi quotidiana.
Cervello a Mosaico
Da un altro punto di vista dobbiamo dire che esistono delle teorie oggigiorno antitetiche rispetto a quello che abbiamo esposto prima. Queste teorie parlano, invece, di un cervello intersessuato e di un cervello a mosaico. Questa è un’evoluzione recentissima, dal 2014 al 2015, di alcuni neuroscienziati, soprattutto una neuropsicologa israeliana, Daphne Joel, i cui studi sosterrebbero la presenza non di due popolazioni distinte di cervelli (maschile e femminile). Effettivamente questa non è la realtà, non esistono due popolazioni distinte di cervelli: una totalmente maschile, una totalmente femminile, cosa che comporterebbe l’assunzione della teoria “gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”. Non esistono due popolazioni distinte, separate e omogenee di cervelli totalmente maschili o totalmente femminili, ma neanche possiamo dire che non esistano variazioni statisticamente significative tra come funzionano i cervelli maschili rispetto a quelli femminili, che è quello che vorrebbe sostenere la teoria del cervello a mosaico in cui ogni cervello è unico e irripetibile e sarebbe la somma delle caratteristiche tanto maschili, quanto femminili che ciascuno di noi ha. In questa teoria c’è qualcosa di vero e qualcosa di esagerato. Tutti abbiamo impronte digitali uniche ed irripetibili così ognuno di noi ha un cervello unico e irripetibile per la propria storia, quindi per la propria costituzione, per lo stile di vita e le scelte fatte nella vita. Il nostro organo cerebrale si va plasmando, si plasma e si struttura in un certo modo, quindi potremmo dire che da un punto di vista strutturale e neurofunzionale ognuno di noi è unico e irripetibile, però da un altro punto di vista la concezione estrema è quella di dedurre che visto che non esiste un cervello uguale all’altro, allora la categoria uomo-donna non esiste più o non è scientificamente più sostenibile o è qualcosa di culturalmente imposto da una certa società o visione storica occidentale e quindi una categoria già superata. Questa è la visione estrema in cui non bisogna incorrere perché le neuroscienze continuano a darci dati sostenibili di quella differenza fenomenologica tra il maschile e il femminile, su una base neuroscientifica e neurofisiologica. La differenza sessuale – dal punto di vista estremo – o le categorizzazioni maschile e femminile, uomo e donna, sarebbero categorizzazioni sociali, culturali, imposte dall’esterno, un qualcosa che secondo alcuni filosofi e alcuni neuropsicologi dovrebbero venir superate e abbandonate in favore di una fluidità che concentra tutto sull’identità psicologica. Seguendo lo stesso ragionamento avremmo tante identità psicologiche quanti esseri umani al mondo. Le visioni estreme dovrebbero essere integrate in una visione più equilibrata. Le neuroscienze ci aiutano a capire qualcosa di più che va integrato in una visione antropologica sulla corporeità umana, in primo luogo, e quindi su quella parte della corporeità umana che tocca ogni sfera della persona: la sessualità.
di: Alberto Carrara, LC